Adesso si vedrà come la pensa il popolo sovrano che dovrà decidere se svecchiare o lasciare cosi com’è l’ormai logoro sistema-Giustizia del Bel Paese. I cittadini debbono riconquistare fiducia nei riguardi della magistratura e per farlo c’è bisogno di onestà e competenza. Più toghe a misura d’uomo e maggiore responsabilità per un mandato che rimane di straordinaria importanza in cui indipendenza e imparzialità rimangono requisiti indispensabili.
Roma – Si degli Ermellini al voto popolare. La Corte Suprema di Cassazione ha ammesso i sei referendum sulla Giustizia ancora prima che scadesse l’ultimo giorno utile per il deposito delle firme. E’ stata così accolta la richiesta inoltrata dai Consigli Regionali, in particolare della Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria e Veneto.
Dunque i promotori non dovranno consegnare le firme raccolte in questi mesi. La decisione del Palazzaccio è arrivata e bene accolta nonostante fossero state già raccolte le circa 775 mila firme certificate e le 18 mila adesioni elettroniche. Ma va bene cosi.
I referendum riguardano la riforma del Csm, la responsabilità diretta dei magistrati, l’equa valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere, i limiti agli abusi della custodia cautelare, l’abolizione del decreto Severino. Argomenti cardine per il nostro ordinamento giudiziario ancorato a norme vecchie e claudicanti.
Dopo numerosi ed estenuanti dibattiti, ciclicamente ripetuti negli anni in ambito politico e sociale, almeno sugli aspetti critici del nostro sistema giustizia, si è arrivati ad una svolta epocale, che preannuncia la “vittoria del sì” per la maggioranza dei quesiti referendari. Promotori il Partito Radicale e la Lega.
Nel dibattito che si è creato attorno alla proposta si è inserita anche la forte critica dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) attraverso il proprio presidente Giuseppe Santalucia che ha non poco da ridire:
“…In un momento di profonde e importanti riforme dell’intero settore giustizia – ha detto Santalucia – appare scelta non condivisibile quella di concentrare gli sforzi su iniziative che fanno perdere di efficacia a singole disposizioni di legge, quasi ignorando che il quadro giuridico entro il quale esse si collocano, sarà destinato inevitabilmente a mutare per effetto del progetto riformatore...”.
Sta di fatto che alcuni dei quesiti proposti hanno avuto l’approvazione non solo del centrodestra, ma anche di una parte del centrosinistra, rivelandosi meno divisivi di quanto si potesse ipotizzare.
Al riguardo i sei quesiti referendari proposti potrebbero apparentemente non sembrare modifiche sostanziali mentre, in effetti, soprattutto in tempi come questi, dopo la venuta allo scoperto di tante indagini sui magistrati (alcune delle quali terminate con condanne passate in giudicato), si è persa la fiducia per i funzionari togati dello Stato che sono stati ritenuti “intoccabili” per molti anni. E che avrebbero dovuto amministrare la giustizia con eccezionali doti di onestà e competenza.
Certamente la sfiducia dei cittadini non può fare di tutta l’erba un fascio. Non può associare tutti i magistrati all’interno di un malcostume che è venuto fuori da intercettazioni ambientali, telefoniche e da testimoni.
La responsabilità penale è, per legge, personale e come tale deve essere considerata, senza allargare troppo il campo con inutili e perniciose “chiamate in correità”. Il clima di vendetta e rabbia verso una categoria che è stata sempre ritenuta al di sopra di tutto e tutti, non paga. Occorre ristabilire stima e collaborazione con i rappresentanti onesti della giustizia.
E, nel contempo, si debbono lasciare alle spalle stereotipi e asprezze che rendono vano il proposito di migliorare il “pianeta giudiziario“. Insomma ci vuole buon senso e libertà di coscienza senza dietrologie e strumentalizzazioni di riforme e proposte. Basta santificare o demonizzare, da destra e sinistra.
In ogni caso si tratta, in astratto, di cose già viste nell’ordinamento giuridico italiano. Basti pensare al recente referendum sul taglio dei parlamentari che rappresenta, almeno per l’opinione pubblica, una modifica importante ma basata soltanto sul senso di sfiducia verso i politici. Tanto per intenderci un’azione contro la casta. Inutile negarlo.
E’ anche vero però che alla base del referendum c’è una componente fortemente ideologica. Da un lato si tratta di intraprendere una direzione fortemente garantista con il limite alle misure cautelari e l’abrogazione del Decreto Severino. Dall’altro, invece, sembra prospettarsi una sorta di critica alla magistratura, considerata chiusa e legata ad una logica corporativa. Una critica piuttosto vecchia nel panorama italiano ed europeo.
I problemi, comunque, verranno fuori con l’applicazione delle sopraggiunte trasformazioni. Vero è che le novità fanno paura ma il Bel Paese è ancora troppo ancorato a vetusti concetti di potere da esercitare in pochi. Il futuro va in direzione opposta. Che piaccia o no.