Luigi Di Maio

ROMA – PRIMA DELLE URNE URGE RIFORMA ELETTORALE E RIDUZIONE PARLAMENTARI.

Nonostante i diversi partiti abbiano auspicato ad un ritorno al proporzionale, ad una sorta di maggioritario atipico e cosi via dicendo, occorre una nuova legge elettorale sulla scorta delle doverosa, e promessa, riduzione di deputati e senatori.

Roma – Il taglio dei parlamentari sarà seguito da una nuova legge elettorale? Probabilmente sì. Almeno questo è quello che si augura Luigi Di Maio. Sebbene a livello torico esista già un accordo preliminare tra le forze di maggioranza, molto più complessa appare la modalità della riforma. Infatti manca ancora una vera e propria proposta che, come ha spiegato Ettore Rosato, presidente di Italia Viva, arriverà dopo aver deciso come spendere i soldi: “…Del Recovery fund e Mes e quando la cassa integrazione arriverà puntuale come dovrebbe essere in un Paese normale…”.

Quali novità ci porterà la nuova legge elettorale_
Quali novità ci porterà la nuova legge elettorale?

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Sarebbe un errore, però, ricoprire il processo elettorale di un’importanza maggiore rispetto a quella che dovrebbe avere. Nei giorni scorsi in merito alla questione è intervenuto Paolo Pombeni, già professore di Storia dei sistemi politici all’Università di Bologna. L’osservazione del docente si è concentrata sul “Germanicum”, ovvero la proposta di legge proporzionale in discussione in commissione Affari costituzionali della Camera che ne ha osservato i punti di forza e le debolezze. Secondo Pombeni, infatti, vale la pena ricordare:

“… Non cedere sulla soglia di sbarramento al 5%, importante perché se no si rischia di far proliferare partitini e partitelli – ha detto l’esperto – ma in questa proposta c’è una spinta ragionevole alla coalizione che devono trovare anche i partiti più piccoli. Non dimentichiamo che una delle cause per cui il sistema della Prima Repubblica è andato al diavolo è che i cosiddetti partiti laici minori non sono mai riusciti a trovare un accordo fra di loro, e questo per salvare le loro nomenclature. Alla fine, hanno perso tutti e sono spariti nel nulla…”.

Paolo Pombeni

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Il decente, dunque, sembrerebbe preferire una struttura maggiormente monolitica della politica, che punti ad eliminare la dispersione dei voti e tenti di premiare il cosiddetto voto utile. Dall’altra parte, però, i sistemi di sbarramento rigidi implicano l’assottigliamento delle diverse visioni politiche, considerato che i “carrozzoni” solitamente relegano ad un piano inferiore la sfera ideologica al fine di unificare il più possibile le diverse ideologie interne. I veri problemi potrebbero nascere dopo, durante le discussioni parlamentari più delicate in cui le visioni divergenti potrebbero condurre alla rottura delle coalizioni e, indirettamente, a causare crisi di governo.  

A queste osservazioni, però, il docente risponde per le rime: “…Bisogna ricordare che il Parlamento è fatto per cambiare idea, non per tradurre semplicemente i sommovimenti elettorali del giorno delle elezioni – ha aggiunto Pombeni – ragionare su quello che succede, questo è la democrazia. Un minimo di fiducia in questo meccanismo dobbiamo averla…”.

Sulla possibilità di inserire un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento del 5% è intervenuto anche Roberto D’Alimonte, politologo italiano ed esperto di sistemi elettorali, nonché fondatore del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali).

“…Coalizioni pre-elettorali, ruolo decisivo degli elettori, maggioranze di governo uscite dalle urne e alternanza – afferma D’Alimonte – sono le caratteristiche del modello di democrazia italiana degli ultimi 26 anni. È un modello che ha trovato applicazione anche ai livelli sub-nazionali, nei comuni e nelle regioni, dove è rafforzato dalla elezione diretta del capo dell’esecutivo.  È quello che ci piace chiamare ‘modello italiano di governo per sottolinearne la originalità…”.

Roberto D’Alimonte
Roberto D’Alimonte

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Secondo la visione di D’Alimonte l’approvazione del sistema elettorale in discussione significherebbe il ritorno alla democrazia della delega: “…Una delega in bianco – conclude il docente – ai partiti a fare dopo il voto gli accordi che preferiscono, senza una approvazione preventiva da parte degli elettori. Il paradosso è che questo cambiamento è voluto principalmente dal M5S, il partito che ha fatto della democrazia diretta il suo obiettivo ideale…”.

La domanda è una sola: assisteremo a un nuovo dietrofront dei Pentastellati? Non sarebbe la prima volta.

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