Subito dopo le elezioni è già diatriba nel Partito Democratico. Eppure la vittoria alle amministrative, seppur non schiacciante, sarebbe dovuta servire da collante per le diverse anime del partito. Invece sembra che abbia acuito le divergenze mentre Letta si dice certo di gestire una situazione che potrebbe sfuggirgli di mano.
Roma – Screzi in casa Pd subito dopo le elezioni. Enrico Letta non controlla le tortuosità del Pd dunque sotto la brace covano le fiamme. Nessuno d’altronde è mai riuscito a conoscere gli angoli più reconditi del Nazareno, anzi è stata la stessa composizione del partito ad imporre correnti, capetti e aspiranti comandanti. Il segretario, però, è convinto che la situazione del partito sia sotto il suo più diretto controllo. Contento lui.
All’interno del partito democratico, però, non tutti sono disposti a fare gli yesman. Il neo deputato senese ha la percezione di vivere l’esatto contrario di ciò che era successo a Zingaretti, dimissionario perché stufo di tante magagne e di certi comportamenti censurabili. Con la vittoria alle amministrative per adesso nessuno ha intenzione di tendere trabocchetti, anche perché si attendono le elezioni del Presidente della Repubblica. Meglio aspettare occasioni più propizie per gli agguati bene organizzati.
Ciò che all’esterno si percepisce è che il controllo dei gruppi parlamentari è totale, tanto che la guerriglia interna si è risolta con un graduale e coordinato disarmo. Per esemplificare, Letta ha gestito una campagna elettorale corale che ha coinvolto due estremità, Stefano Bonaccini e Nicola Zingaretti. Non è cosa da poco.
Però la storia si ripeterà ed il momento sta per arrivare, anche perché da tempo sta lavorando per conquistare la poltrona di Palazzo Chigi, altro che “Draghi for ever”. Certo non è più sufficiente ripetere che il “Governo di Draghi è il nostro Governo”, va dimostrato. E non è facile.
Letta vuole insistere sui i temi sociali e civili, spingere cioè il Nazareno più a sinistra, anche rischiando, affinché non si dica che è un “ex Dc“. Presidia, dunque, un territorio politico che può ospitare i Cinque Stelle, Sinistra Italiana, le associazioni, i movimenti ed il volontariato. Vuole costruire una coalizione per guidare l’Italia, in modo da rientrare a Palazzo Chigi dopo la traumatica uscita con Matteo Renzi.
Un piano certamente ambizioso e di lenta maturazione. Pertanto è forte la tentazione di votare Mario Draghi al Quirinale, il prossimo anno, per correre subito alle elezioni politiche ed insidiare la poltrona di capo del Governo.
Ma i distinguo interni non mancano, così viene lanciata la sfida al segretario. Infatti il senatore Andrea Marcucci, testa d’ariete degli ex renziani ancora ben presenti nei Dem, lancia l’affondo e pennella il Premier:
“…Draghi è una fortuna per un Paese – ha detto Marcucci – che nella prossima legislatura dovrà attuare le fondamentali riforme che ora il Parlamento sta approvando. Draghi sarebbe il nome giusto per Palazzo Chigi, la miglior garanzia di tenuta e di equilibrio, anche per l’Europa. Una riflessione la mia che spero coinvolga molto presto anche il Pd…”. Segnale chiarissimo.
Niente Letta Presidente del Consiglio ma avanti con SuperMario. Non solo, altro schiaffo sul tema delle alleanze e sull’asse con il nuovo Movimento 5 Stelle. Altra sviolinata:
“…I risultati elettorali nella loro evidenza dicono che l’alleanza con il M5S per il Pd non è più strategica e che il Partito Democratico debba discutere di alleanze con chi ha più vicino, come i riformisti moderati…”.
Insomma una riflessione che non lascia indifferenti tutti i Dem, i quali non riescono interamente a digerire l’alleanza con Conte. C’è di contro una fetta importante del Pd che pensa ad un Governo guidato da Draghi anche dopo le prossime elezioni, sostenuto ovviamente dai Dem, dai vari partiti centristi come Renzi e Calenda, da Forza Italia e, se vorrà e se sarà necessario, anche dal M5S.
Tutto pur di bloccare l’ambizione del giovane Letta. Mentre rimane l’ipotesi dello zio Gianni, nome che comincia con timidezza a circolare. Sicuramente una boutade. Speriamo.