La politica dello sproloquio, latita il silenzio

Ormai non si parla d’altro: semestre bianco, Draghi al Colle, chi sarà il prossimo presidente del Consiglio, chi vincerà le elezioni. Tutti a fare pronostici e proiezioni. Non c’è leader che non rilasci dichiarazioni sui social, evitando il confronto pubblico nel quale avrebbe poco o nulla da dire. Ormai la politica si fa su Facebook e Instagram. Molto più semplice, specie per gli ignoranti. Il silenzio è scomparso, come la dignità.

Roma – I politici nostrani sconoscono il silenzio. Quello che a volte la dignità imporrebbe. Sono maestri invece nello sproloquio, specie quando debbono attribuirsi meriti che non hanno. Quest’ultimo giochetto, secondo loro, attribuirebbe maggiore spessore al leader del partito di turno, ovvero quello che ha sbraitato di più. Che pena.

Quando la politica si fa sui social

Così accade che “mosse, convergenze e intrighi” vengano svelati dagli stessi protagonisti interessati alla diffusione delle notizie, ormai non più retaggio di una seria indagine giornalistica scaturita da fonti attendibili. L’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, per esempio, è argomento di grande interesse e tutti i partiti dell’arco costituzionale ne fanno un gran parlare.

Nulla di nuovo sotto il sole se non fosse che, almeno apparentemente, tutti i leader dei diversi schieramenti si parlano quasi esclusivamente attraverso i social. Questo modo di comunicare lascia il tempo che trova poiché è impossibile il confronto diretto. Ormai non c’è altro che il botta e risposta. Un sistema alienante che ha tolto alla politica competizione, critica, scontro propositivo e proposte di soluzioni come si faceva una volta su “Tribuna politica“, tanto per intenderci.

Tribuna politica, uno scontro dialettico fra Andreotti e Almirante

Fa parte del “nuovo costume politico” lanciare provocazioni ed anatemi soltanto per soddisfare inclinazioni ed orientamenti che si rilevano dai sondaggi. Proprio Enrico Letta, in questi giorni, ha affermato che l’impegno del Pd sarà totale per “saldare la sedia” a Palazzo Chigi in favore di Mario Draghi, almeno fino al 2023.

Tradotto in politichese significa che i Dem non intendono favorire l’ascesa dell’attuale Premier verso il Quirinale, boicottando in tal modo anche il desiderio di Matteo Salvini il quale, rispetto a Letta, avrebbe tutto l’interesse di vedere Mario Draghi seduto al Colle, anche se il leader della Lega avrebbe proposto perfino Berlusconi per quella poltrona. Coerenza a parte, naturalmente.

Il tema, invece, si è riaperto quando il segretario del Pd, alla riunione di Comunione e Liberazione di Rimini, ha rimesso sul tavolo la questione della durata del governo, facendola coincidere con quella della legislatura e del futuro del Premier, addirittura più in là del 2023.

E’ chiaro a tutti, però, che i sogni e desideri non possono alterare la realtà. Infatti il Partito Democratico, in Parlamento, non ha i numeri per determinare scelte così importanti. Ha solo la facoltà di proporre ipotesi e proposte che dovranno essere condivise con gli altri alleati dell’attuale maggioranza per essere convertite in fatti concreti.

In definitiva Mario Draghi per fare il Presidente del Consiglio ha bisogno di una maggioranza parlamentare, che può esserci solo con FI e Lega, almeno, nell’attuale situazione. 

Non basta, pertanto, l’impegno del Partito Democratico perché Draghi rimanga a Palazzo Chigi e fuori dalla corsa al Quirinale. E’ necessaria un’ampia convergenza politica. Peraltro, già dal prossimo mese e prima che il Parlamento verrà chiamato ad eleggere il Capo dello Stato, ci saranno da monitorare altri passaggi importanti, come le prossime elezioni amministrative e suppletive per un seggio in Parlamento, nei collegi del Lazio e della Toscana.

In sostanza il risultato del voto di ottobre avrà un congruo peso specifico da non sottovalutare per i rapporti interni alla maggioranza ed al governo. Peraltro in queste elezioni si potrà capire in quale direzione si orienterà il voto degli italiani chiamati alle urne, indipendentemente dai sondaggi che registrano una possibile avanzata del centrodestra, tutta ancora da dimostrare.

Vincerà il centrodestra? In molti ci scommettono, Un governo del dare, un governo del prendere…

Tale probabile accelerata potrebbe mettere in crisi l’attuale maggioranza per tentare, nel caso della Lega, un triplo salto mortale nell’oscurità dell’ingordigia politica per attentare alla stabilità del governo.

In ogni caso ed indipendentemente da qualsiasi previsione attuale per le amministrative di ottobre, potrebbe accadere l’imprevedibile. Cioè che il centrodestra, forte a livello nazionale, possa ottenere un pessimo risultato nei singoli Comuni e farsi battere, incredibilmente, al ballottaggio dal centrosinistra, che certamente non gode di buona salute. Spesso chi si sente troppo forte toppa di brutto mentre il più debole gongola.

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