Settembre nero: cartelle pesanti in arrivo

A parte le scadenze fiscali più importanti si parla sempre di rinvio dei pagamenti ma nessuno azzarda un serio programma di dimezzamento o annullamento dei balzelli che gli italiani non possono più pagare. Se la pandemia ha stroncato l’economia nazionale dove si prenderanno i soldi per soddisfare i debiti con l’Erario?

Roma – Elezioni a parte, si avvicinano sempre più alcune scadenze importanti: l’aggiornamento del Def di fine settembre ed a metà ottobre il varo della legge di Bilancio. Il Documento di Economia e Finanza (Def) rappresenta il principale strumento di programmazione economico-finanziaria, proposto dal Governo ed approvato dal Parlamento.

Gli scranni dove si decide sul Def

L’importanza del documento non è casuale. Con esso viene indicata la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine. Ecco il perché dell’alta tensione fra i partiti e sugli interventi che impattano sulla manovra, che vanno dalle cartelle fiscali alla possibilità di un alleggerimento immediato del cuneo, così come dalla riconfigurazione del Reddito di cittadinanza a Quota 100.

Ad agitare ulteriormente le acque già vorticose, in pieno semestre bianco e a poco meno di un mese dalla tornata delle amministrative, contribuiscono fortemente le problematiche legate ai vaccini, il Green pass e la richiesta di Matteo Salvini, stavolta contrario alle decisioni del governo, di una cabina di regia per trovare soluzioni comuni.

Comunque la priorità dell’agenda autunnale è stata data da Palazzo Chigi a tre questioni urgenti, su cui ci sarà aspra battaglia, come le misure anti-delocalizzazione, la legge annuale sulla concorrenza e la riforma del fisco.

Sulla manovra, nel complesso, l’istruttoria tecnica non è ancora cominciata ma ci sono già state alcune riunioni preliminari. L’obiettivo di Draghi sembra essere quello di spendere senza ricorrere a troppi tagli, ma anche evitare di appesantire ancora il debito. Come dargli torto?

Mario Draghi

Entro settembre, in ogni caso, dovrà essere presentata la delega sulla riforma fiscale originariamente attesa a luglio. Una riforma che si aspetta da tempo, con un orizzonte che arriva al 2023, quando sarà definita con il varo dei decreti attuativi.

Ma sul nuovo Fisco vi sono concezioni diverse nella maggioranza. Con il Governo che non ha certo fatto salti di gioia sull’ipotesi caldeggiata dal Pd di Enrico Letta, di una dote per i diciottenni da ricavare dalla tassazione sui più ricchi (una sorta di patrimoniale sotto mentite spoglie) e sulla flat tax rilanciata dalla Lega. L’unica convergenza delle forze di maggioranza sarebbe quella sulla cancellazione dell’Irap. E ci mancherebbe.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni

Entro fine mese dovrà essere fatta chiarezza sulle cartelle esattoriali. Dal primo settembre, infatti, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha già iniziato a notificare avvisi e cartelle congelate da marzo 2020, per l’emergenza Covid.

Ma il centrodestra è andato subito all’attacco, in maniera compatta, con Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che chiedono un nuovo rinvio, mentre Forza Italia ha sollecitato la cancellazione dei crediti fiscali insoluti. Su queste posizioni converge anche il M5S, che insiste per una nuova sospensione delle notifiche delle cartelle per poi rilanciare la rottamazione. Il Pd, invece, sostiene che le cartelle devono ripartire subito ma non dice di come faranno gli italiani a pagare. E’ ovvio.

Salvini e Renzi, in vista della manovra, hanno puntato l’indice sul reddito di cittadinanza, che costa 7-8 miliardi l’anno. La Lega, che comunque è stata nel primo governo Conte (giallo-verde) l’artefice della legge voluta dal M5s, spera di ottenere un significativo cambio di passo ed un ridimensionamento dell’attuale misura sociale contro la povertà. Misura che presenta “buchi” non sanati e che rimane facilmente aggirabile.

Italia Viva ha addirittura evocato un referendum per bloccare il RdC, ma i Cinque Stelle difendono a spada tratta il sussidio, appoggiati da Leu e Pd, che però lo definisce migliorabile.

Quest’ultima ipotesi, peraltro avallata anche da Conte purché non si elimini del tutto la Legge, sembra essere anche la linea di Draghi, intenzionato a tenere in vita lo strumento ma potenziando i controlli e rendendo più veloce l’accesso al lavoro dei beneficiari

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