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L’omotransfobia divide il Bel Paese. Ma anche il governo. Soprattutto il Pd

Cantanti a parte il disegno di legge Zan rischia di diventare una sorta di priorità come se non ci fossero argomenti più urgenti da discutere. Il tentativo della Sinistra di ritrovare una propria identità sui temi sociali è miseramente fallito.

Roma – Ormai anche la Festa del 1 Maggio è degenerata. Al concerto della ricorrenza dei Lavoratori il cantante rapper Fedez, al posto di dedicare tutto il tempo alle sue esibizioni canore, ne ha approfittato per provocare, creare dissapori, attacchi e polemiche.

L’artista sul palco ne ha dette di cotte e di crude su Rai e Lega, ovviamente facendo politica spicciola. Il suo è stato un attacco diretto come un pugno in piena faccia al senatore leghista Andrea Ostellari colpevole, secondo il cantante, di osteggiare il Ddl Zan sull’omotransfobia.

Fedez al concerto del Primo Maggio

Fedez, solo nel pomeriggio, aveva poi rivelato che il suo intervento era stato sottoposto ad approvazione con richiesta di “eliminare nomi e edulcorarne il contenuto” ma il giovane dalla parlantina facile è andato per la sua strada e sul proscenio del Primo Maggio ha portato la battaglia che conduce da settimane a favore del disegno di legge contro le discriminazioni di genere.

In Parlamento dopo il raggiungimento di un’intesa sull’ordine del giorno al decreto Covid sul coprifuoco, la maggioranza trova la quadra proprio sul disegno di legge Zan. Infatti il provvedimento normativo è stato sbloccato al Senato ed è stato incardinato nella commissione Giustizia dopo settimane di polemiche, rimpalli, pressing e resistenze di ogni genere. Messa ai voti la calendarizzazione: è passata con 13 sì e 11 no.

A chiedere da tempo l’avvio della discussione erano stati Pd, M5s, Leu e Italia viva. Contrario il centrodestra. Entusiasmo e delusione s’intrecciano in aula dove anche all’interno della maggioranza gli animi sono assai divisi.

Alessandro Zan

Non sono stati in pochi i parlamentari sorpresi dal colpo di mano con cui la sinistra, il 26 aprile scorso, ha “incardinato” al Senato le norme sull’omotransfobia. Sembrava che sia la pandemia, sia l’esigenza di non mettere a repentaglio la coesione della maggioranza di governo, consigliassero un suo congelamento.

Al contrario esso è destinato a diventare, da maggio in poi, una questione politica e culturale di primaria importanza che ha spaccato in due, e continuerà a farlo, la popolazione italiana oltre che la maggioranza di governo: “…Finalmente ora può iniziare la discussione anche in questo ramo del Parlamento, per l’approvazione definitiva…”, ha scritto soddisfatto su Twitter il deputato dem Alessandro Zan, ideatore della norma tanto dibattuta e osteggiata.

Sul tema sono intervenuti anche i vescovi: “…Sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna – ha sottolineato la Cei, Conferenza episcopale italianasiamo pronti e disponibili a sviluppare un dialogo aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale…”.

Cei, Conferenza Episcopale Italiana

In pratica, secondo gli alti prelati, una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna.

Il pericolo, subdolo ed invasivo, che pare si stia evidenziando sempre di più non è tanto l’interesse per una legge a difesa degli omosessuali, dei transessuali, dei bisessuali, delle donne, delle lesbiche e dei disabili dalle violenze, offese e discriminazioni, ma che sia solo un pretesto, considerando che i casi di questo genere in Italia sono sporadici e che nella Costituzione e nelle leggi italiane ci sono già le giuste e concrete garanzie perché quegli ignobili comportamenti vengano sanzionati.

Ecco dunque venire a galla il vero obiettivo, cioè l’ideologia identitaria. La sinistra infatti da tempo cerca una nuova identità, che non riesce a trovare. I temi sull’eguaglianza socio-economica non riscaldano più i cuori dei “compagni” che anche in questi argomenti sono stati ampiamente superati da cattolici e destra sociale.

Insomma l’appeal massimalista e rivoluzionario della sinistra, dopo la caduta dell’Urss e del mito comunista, è scemato e non riesce a detenere il monopolio della “vera” giustizia sociale. Comunque secondo il senatore leghista Andrea Ostellari, presidente della commissione Giustizia a palazzo Madama, “il voto sul calendario dei lavori ha certificato che, in commissione Giustizia, la maggioranza è spaccata”.

In ogni caso la strumentalizzazione è il vero pericolo dal quale è necessario difendersi con forza. E subito.

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