E poi parliamo di contagi e variante Delta quando per la recente vittoria degli Azzurri non c’era piazza italiana senza ressa da matti. Lo Stato da un lato concede e dall’altro resiste. Questo poteva andare bene in tempi normali e non durante la pandemia che ci ha quasi distrutto l’economia prospettandoci un futuro difficile e incerto. Ma il Bel Paese non si smentisce. Poi piange lacrime amare.
Roma – L’Italia nel pallone, mentre tutto va a ramengo. l’Italia pallonara si è riversata in strada per festeggiare la conquista della Uefa Euro, trofeo che dal 1968 mancava dal palmares. Manifestazioni di gioia e giubilo ci sono state un po’ in tutta la penisola, alla faccia del virus e delle sue possibili varianti.
Fiumi di retorica patriottarda si sono riversati a iosa per esaltare il gruppo, l’abnegazione e la determinazione profusa per raggiungere l’obiettivo. Perché “uniti si vince“.
Trofeo che “capita a fagiolo” per la politica o “come il cacio sui maccheroni” come si usa dire tra i comuni mortali. Nella situazione che tutti conosciamo e viviamo è quasi come donare uno zuccherino alla moltitudine di cittadini dopo quasi due anni di dura lotta sanitaria con l’infido nemico. Che festeggino pure adesso, che esprimano atteggiamenti ludici, tanto il veleno, come consuetudine, sarà nella coda!
Nella storia dell’umanità è sempre stato concesso al popolo di festeggiare per svariati motivi, in una sorta di catarsi collettiva, in cui tutto poteva essere lecito. D’altronde i nostri padri latini la sapevano lunga, quando coniarono la locuzione panem et circenses (pane e giochi circensi) per sintetizzare le aspirazioni della plebe.
Oggi si potrebbe dire: ristori e pallone, tanto per restare nell’ambito di strategie politiche demagogiche. Non si vuole negare il valore sociale del calcio, quando viene considerato come espressione altissima dell’aspetto ludico, del rispetto delle regole, dell’accettazione della sconfitta e dell’integrazione razziale.
Ma cosa c’è di tutto questo? Esprime ancora questi valori, se li ha mai espressi? Cosa si festeggia, a quale dio dell’Olimpo dedichiamo le nostre ritualità? Una rapida disamina di cosa è stato il calcio negli ultimi 60 anni, ci aiuta a ricordare che come fatto sociale, ha assunto le stesse peculiari nefandezze di qualunque evento che ha a che fare con gli esseri umani.
Negli anni ’60-’70 tra le maggiori squadre si faceva uso di farmaci per migliorare le prestazioni sportive o di quelli utilizzati off label, cioè impiegati sì nelle cure ma che non erano stati approvati per un utilizzo clinico, oppure lo erano per uno scopo diverso da quello per cui venivano impiegati.
I casi di calciatori deceduti negli anni a seguire per tumori di varia natura sono stati eclatanti, per poi cadere nell’oblio più totale. Negli anni ’70 ci furono i primi casi di compravendita di partite, fino ad arrivare al famoso calcio scommesse degli anni ’80, in cui restarono implicate stelle di prima grandezza del firmamento calcistico di allora.
Scommesse che sono continuate nel corso dei decenni e sino agli anni ’90 con lo scandalo doping che coinvolse una delle squadre italiane più seguite dai tifosi, la Juventus. Fu accertato che l’utilizzo continuo di medicinali faceva parte di un approvvigionamento di un piccolo-medio ospedale.
Poi nel primo decennio del nuovo millennio l’inchiesta conosciuta col nome di “calciopoli“, scoperchiò un letamaio di raggiri, truffe continuate, corruzione di arbitri e gestione della compravendita di calciatori da parte di professionisti che agivano e si comportavano come una cupola mafiosa.
In seguito sono emersi altri fattori: infiltrazioni della criminalità organizzata nei gruppi di tifosi ultras, le frange più estreme del tifo; i fondi stranieri le cui risorse finanziarie sono come le scatole cinesi, non si riesce a venirne a capo, il probabile riciclo di soldi provenienti da attività illecite,
E che dire della gestione dei calciatori da parte di un gruppo ristretto di procuratori sportivi, che hanno la loro ragione sociale in Stati come Malta, Lussemburgo ed il Principato di Monaco? Con un intreccio perverso tra tasse, parcelle ed esterovestizione fiscale ovvero fittizia residenza fiscale all’estero di una società che in realtà vive ed opera in Italia. E cosi via in un crescendo di nefandezze che non finisce più. .
Ora è per questo carrozzone che si festeggia? Se è vero che, come scrisse lo scrittore argentino Luis Borges: “…Ogni volta che un bambino per strada prende a calci qualcosa, lì comincia la vita…”, e lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano definì il calcio come “…Arte, religione, bellezza, linguaggio universale e interclassista, modo per riconoscersi e ritrovarsi…”, è altrettanto vero che oggi ha perso la sua genesi diventando il nuovo “oppio dei popoli“, parafrasando Karl Marx.