Il Parco è precluso alla fruizione ma aperto a scienziati ed esperti del territorio per studiare orografia, fauna e flora ancora incontaminate e distanti dai malefici dell’uomo. Il tutore dell’area protetta è un ex forestale che ha messo a diposizione di tutti la sua pluriennale esperienza e pare che i risultati siano fra i più lusinghieri. Perché non imitare il suo esempio per l’istituzione di altre aree di salvaguardia integrale?
In questo periodo agostano, che più caldo non si può, c’è una parte del nostro Bel Paese che brucia a causa di uno scellerato combinato disposto di piromania e riscaldamento globale. Mentre l’altra, in vacanza, è alle prese col green pass e con le varie norme più o meno da interpretare.
Ma c’è anche un terza parte di questa Italia per cui le vacanze sono diventate un miraggio per via della perdita del lavoro e per la crisi economica che ci attanaglia in maniera disastrosa. Eppure qualche notizia piacevole, sbucata tra il lusco e il brusco, c’è e ci dona un po’ di sollievo strappandoci finanche un sorriso. Noi che di sorridere non ne abbiamo né la forza, né la voglia.
Un signore di 101 anni, tale Fabio Clauser, di origini trentine, ha istituito la Riserva di Sasso Fratino sugli Appennini. Embè, tutto qui? Si potrebbe esclamare. Ma non è mica finita, adesso viene il bello! Lungo l’Appennino sorge una riserva naturale nata con l’intenzione di tutelare l’ambiente primordiale. E’ un luogo incantevole che concilia con la vita e il mondo. Un paesaggio unico che ci persuade dell’esistenza di Dio: solo un’entità superiore poteva immaginare e partorire uno spettacolo del genere.
Oppure per chi ama la mitologia greca, forse si tratta di un gradito dono degli dei che il consesso dell’Olimpo riunito ha voluto gentilmente fornirci. Questa è la prima riserva naturale integrale, situata nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. L’area protetta è stata istituita nel 1959, estendendosi per circa 760 ettari sul dorsale montano fra i comuni di Bagno di Romagna e Santa Sofia, provincia di Forlì-Cesena.
Questa riserva è stata riconosciuta nel 2017 dall’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità. La sua particolarità è costituita dal fatto che l’ambiente, da oltre sessant’anni, è precluso alla presenza umana. E meno male, altrimenti chissà quali e quanti danni avrebbe provocato il passaggio degli umani lanzichenecchi. Possono entrare in questo angolo di paradiso solo pochissimi ricercatori e studiosi il cui ingresso è ammesso esclusivamente per ragioni di studio e professionali.
Il pioniere Fabio Clauser – senza la cui intuizione e zelo non si sarebbe potuta istituire la prima riserva italiana integrata – vive ancora nei pressi della sua creatura, a mo’ di protezione. L’uomo, infatti, è storicamente considerato il decano dei Forestali d’Italia. Negli anni ’50 era alla guida della Divisione Assestamento dell’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali. Prima di realizzare l’intuizione di Sasso Fratino, ha cercato di fare lo stesso con il Parco Nazionale d’Abruzzo, ma non è riuscito nell’intento per una serie di ostacoli politico-burocratici.
Clauser ha raccontato più volte le sue esperienze con la pubblica amministrazione: “…L’Amministrazione, la ricerca, le leggi forestali erano in mano di chi faceva gli interessi dell’industria del legno – ha detto l’ex forestale – ancora oggi ci sono i sostenitori dell’età avanzata dei nostri boschi e propongono che vadano tagliati per ringiovanire le foreste. Ma un cedro di 50 anni non è vecchio. Se lo paragoniamo agli esser umani, sarebbe un bambino di 10 anni. Ed infatti, io mi sento coetaneo del faggio di 500 anni…”.
L’arzillo e coraggioso personaggio ha pubblicato il libro Romanzo forestale in cui racconta del ruolo essenziale del Corpo Forestale dello Stato, se gestito con competenza e onestà. Infatti i forestali sono riusciti nel tempo a coniugare lo sviluppo di boschi e foreste con l’attivo di bilancio, ricavato dai vivai e dai legnami per i tagli di mantenimento.
Fabio Clauser
Queste attività hanno provocato l’aumento del carbonio nel terreno, sottraendolo all’aria per combattere il cambiamento climatico. Inoltre, hanno tenuto vive le falde acquifere e lo sviluppo della fertilità dei suoli e delle valli.
In un momento storico in cui da più parti si grida alla crisi ambientale e climatica, l’esperienza di Fabio Clauser, sarebbe da imitare e diffondere, se ci fosse rimasto ancora qualche politico con un barlume di intelletto.