Milioni di italiani si erano illusi che la politica dei palazzi potesse cambiare. All’inizio sembravano brave persone, piene di ideali ed entusiasmo. Avevano un modo nuovo di fare gli onorevoli che era piaciuto ad un gran numero di elettori che avevano premiato, sulla carta, i nuovi arrivati. Oggi che cosa è rimasto di quella rivoluzione? Nulla. Solo parlamentari di professione che hanno rinnegato il passato.
Roma – Guai a montarsi la testa, ma guai anche ai brutti maestri. E’ l’addio per sempre al “grillismo”, a quel movimento dei 5 stelle che aveva affascinato oltre un terzo degli italiani che si erano recati alle urne nel 2013. In soli otto anni e con una montagna di opportunità favorevoli nel carniere il partito di Grillo ha dichiarato forfait.
Quello dei pentastellati é un addio ad un modo di essere diverso, ad una politica che in moltissimi avevano ritenuto rinnovata e ripulita, soprattutto. Per qualche mese milioni di italiani avevano creduto che fossero scesi i marziani in terra tanto era stato lo stupore per un soggetto politico che diceva pane al pane, vino al vino. Chi non ricorda i Vaffa-Day del comico genovese?
E che dire dei tantissimi giovani pieni di entusiasmo che avevano voglia di cambiare il mondo con una rivoluzione pacifica? E di quei parlamentari che rifiutavano il titolo di onorevoli o senatori per essere chiamati semplicemente “cittadina o cittadino”, per rendere ancora più evidente il legame che li univa al popolo?
Insomma, per essere sinceri, un esercito di parlamentari eletti, soprattutto, per la rabbia che l’italiano nutriva nei confronti della cronica incapacità politica. Invece, tranne qualche rara eccezione, quella del partito di Grillo è stata una delusione a tutto tondo. Ma non poteva essere altrimenti considerata l’assoluta inesperienza di chi sedeva tra gli scranni. Tanta l’inesperienza di ieri quanto la disinvoltura di oggi dopo quasi dieci anni di attività parlamentare.
Tante le divisioni, le diatribe, le espulsioni tra le file dei grillini eletti nelle amministrazioni locali e regionali. Molti di questi, abbandonato il vecchio abito glorioso, sono transitati prima nel Gruppo Misto e poi in altri partiti ma della vecchia concezione di cittadino-onorevole non è rimasto nulla.
Oggi sono veri e propri politici di professione ed hanno cambiato totalmente la maniera di comportarsi. Molti di loro farebbero qualsiasi cosa pur di rimanere incollati alla poltrona tradendo proprio quell’elettorato che, alla fine, li ha puniti. Per gli altri ancora in carica è solo questione di tempo. Basterà arrivare alle politiche per poi tornare a casa.
L’incarico di onorevole bisognerebbe meritarselo sul campo e dimostrarlo con i fatti. Tutto il contrario di come hanno fatto due deputati regionali siciliani di Attiva Sicilia, il capogruppo Sergio Tancredi, ex grillino, e la vice presidente dell’Ars, Angela Foti, ex grillina, che si sono rifiutati di esibire i Green pass alle guardie giurate che effettuano il servizio di controllo all’ingresso di Palazzo dei Normanni a Palermo.
I due consiglieri regionali, già pentastellati poi fondatori di un nuovo partito politico che conta poco o nulla, hanno giustificato il loro gesto. Ma le loro dichiarazioni non convincono, anzi la dicono lunga sulla grave situazione venutasi a creare, altro non fosse per il pessimo esempio che i due hanno manifestato nei confronti dei cittadini siciliani:
“…Mi rifiuto di presentare il Green pass, la questione è giuridica. Io sono stato eletto dal popolo e mi si impedisce, con un provvedimento amministrativo, di svolgere le mie funzioni parlamentare di rappresentanza – ha affermato Tancredi che nei giorni scorsi aveva diffidato l’amministrazione e l’ufficio di questura dell’Ars – ho chiesto di aumentare a Palazzo i livelli di sicurezza mettendo a disposizione tamponi brevi, così come fanno molte aziende private. Avere il Green pass non significa non avere il virus, per cui se la questione è sanitaria si deve procedere in modo diverso…”.
Foti, invece, pur mostrando di possedere il certificato verde, ha deciso di non esibirlo. Un controsenso di difficile comprensione: “…Ho fatto il tampone – ha spiegato l’onorevole Foti – tanto per sgomberare il campo da eventuali illazioni perché serve per lavorare. La nostra è una battaglia di principio…”.
Un principio che si scontra con il comune buon senso. Infatti sarebbe stato meglio per i due onorevoli parlamentari isolani dare il buon esempio, considerando anche le tensioni e gli scontri di piazza che si sono consumati in diverse città italiane nei giorni scorsi. Invece se si intende condurre una battaglia politica contro l’utilizzo dell’attestazione verde, non c’è migliore occasione che confrontarsi in Parlamento atteso il mandato conferito dai cittadini siciliani. Se proprio si vuole cambiare il corso della storia.
Stessa “pantomima” per la senatrice Laura Granato, ex grillina e migrata in “L’Alternativa c’è”. L’onorevole ha rifiutato di mostrare il certificato verde ma è comunque entrata a Palazzo Madama. Per il suo gesto è stata giustamente sospesa per 10 giorni. Come prevede la legge. Anche per lei vale la stessa solfa: se intende togliere, sospendere o interrompere l’uso del lasciapassare, che lo faccia in aula.
Simili manifestazioni di dissenso, in tempi bui come questi, sono pericolose e fomentano odio e violenze. E non generano consensi elettorali, questo è poco ma sicuro, amministrative docent. Cerchiamo piuttosto di uscire dalla pandemia varando riforme serie in grado di assicurare agli italiani una vera ripartenza. Siamo messi male, che cosa ci vuole per farvelo entrare in zucca?