Voglia di lavorare saltami addosso

Ormai è sotto gli occhi di tutti: chi si becca a fine mese il reddito di cittadinanza se la gode e non lavora. E poi perché sgobbare per qualche centinaio di euro in più? Chi risarcirà all’Erario i soldi truffati allo Stato e mai restituiti? Possibile che non esistano controlli incrociati? Il Rdc deve diventare un mezzo per lavorare e non per poltrire alla faccia di chi paga le tasse.

Roma – La civiltà di un Paese si misura dalla sua capacità di non abbandonare i poveri a sé stessi. E, soprattutto, nell’individuare adeguati strumenti atti a salvaguardare la dignità di migliaia di nuclei familiari che, per svariati motivi, si sono trovati senza lavoro. Sull’onda dell’emotività, nel 2019, durante il primo governo Conte, venne introdotto il Reddito di Cittadinanza (RdC), come misura di contrasto alla povertà.

Un sostegno economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale. Lo strumento, di per sé, non era male proteso com’era tutelare le persone economicamente più fragili, ma il meccanismo pensato per colmare un’emergenza transitoria, com’è nello stile italiano, si è protratto per un lungo periodo di tempo causando inevitabili distorsioni. Mai sanate.

Molte imprese, infatti, non solo quelle della ristorazione, versano in grandissima difficoltà nel reperire personale in contesti in cui l’erogazione del reddito di cittadinanza spesso si avvicina al livello degli stipendi per alcune mansioni. Insomma meglio poltrire con i soldi in mano che lavorare per poco più.

Dopo i primi momenti di speranza, per i tanti percettori del sussidio, di poter trovare un’occupazione stabile, come atto conclusivo del percorso di sostentamento voluto dal M5s, è arrivata la delusione. Dopo 3 anni migliaia di persone si ritrovano al punto di partenza. Niente lavoro, solo promesse.

E’ necessaria, pertanto, una nuova rimodulazione della legge per dare smalto ed efficacia ad un sistema ideato per agevolare un percorso di formazione ed occupazione. Per il RdC si spendono circa 7,2 miliardi l’anno per sostenere 1,36 milioni di persone su 2 milioni di famiglie in stato di povertà assoluta.

Questo strumento, nato con i migliori auspici ha incontrato, però, lungo il percorso ostacoli e tantissimi limiti. Peraltro si è scoperto che a percepire indebitamente il reddito di cittadinanza sono più di 123 mila persone, i cosiddetti furbetti del reddito. E gran parte di loro non lo restituiranno mai.

Stando ad una indagine pubblicata dal Corriere della Sera, il 31 agosto scorso, su un totale di 3.027.851 persone che avevano ottenuto il sussidio, 123.697 hanno subito la revoca dell’assegno a causa di false dichiarazioni. Le anomalie più frequenti riguardano la composizione del nucleo familiare, il reddito complessivo e quindi l’Isee.

C’è da rilevare, come ha riferito la giornalista Milena Gabanelli, che l’uniformità del RdC tutt’oggi non rappresenta un uguale strumento di sopravvivenza su tutto il territorio nazionale. Infatti le risorse assegnate andrebbero riparametrate in funzione del costo della vita nei diversi territori e del numero dei componenti, viste le cospicue penalizzazioni per famiglie con figli.

Poi c’è la questione dell’impiego. La condizione per percepire il reddito è quella di firmare il “patto per il lavoro“, vuol dire che chi è abile al lavoro si impegna a mettersi a disposizione dei centri per l’impiego. Ma ad oggi i patti sono stati stipulati solo con il 31% dei percipienti. In nessuna Regione, peraltro, è mai stata applicata la condizionalità scritta nella legge, cioè se rifiuti il lavoro perdi il reddito. Anzi, al contrario: se non lavori il tuo Rdc è assicurato. Anche per i delinquenti e, addirittura, per i boss.

Infine, per gli incentivi, le aziende che assumono un cittadino che percepisce il RdC hanno diritto a detrazioni contributive. Ma gli incentivi non hanno funzionato, agevolando le assunzioni solo dello 0,1% dei “presunti” aventi diritto al reddito e abili al lavoro. Bisognerebbe, pertanto, in quest’ultima ipotesi incentivare ulteriormente le imprese all’assunzione del personale che ottiene il reddito tanto caro ai Cinque stelle.

Il RdC è da settimane nel mirino sia di Italia Viva che della Lega, nonostante entrambi i partiti abbiano votato a suo tempo la legge che lo istituiva. I due Matteo vogliono demolirla. Renzi addirittura anche attraverso un referendum. Meglio, invece, rivedere alcuni meccanismi alla luce dell’esperienza maturata. Oltre a colpire con condanne esemplari e certezza di pena chi ruba allo Stato. Pantalone si è stufato di pagare per tutti.

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