PER I GIOVANI E NON SICILIA INDIETRO TUTTA

PER I GIOVANI E NON SICILIA INDIETRO TUTTA

Probabilmente non risulta chiaro a tutti che è dal Sud e dalla Sicilia che bisogna ripartire per una equilibrata ripresa socio-economica. La Sicilia è il fulcro ove deve trovare appoggio la leva dello sviluppo del nostro Paese. Perché la Sicilia, da sempre, è bellissima, a dispetto dei tanti, dei troppi denigratori e, in primis, dei suoi pessimi amministratori.

Lo è sempre stata bellissima, sin dalla più remota antichità, e tutti i popoli che volevano espandere i loro territori a questa isola hanno mirato, occupandola, depredandola, ma anche lasciando segni inestimabili di antiche e diverse civiltà. E a dirlo non sono i siciliani perché è a J.W. Goethe, nel suo scritto del 1787, relativo al suo viaggio in Italia, che dobbiamo la più alta definizione di questa terra:

L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine alcuna nello spirito. Qui è la chiave di ogni cosa”.

Quella chiave, che apre e chiude scenari inimmaginabili, che sblocca la fantasia di chi vi si accosta, che cela dentro il suo forziere ricchezze e dolori, fierezza e miserie, è stata utilizzata, segnatamente nel secondo dopoguerra, anche per schiudere l’antro dell’alchimista, svelando il laboratorio politico più complesso e “predittivo” dell’intera politica nazionale.

J.W. Goethe
J.W. Goethe

E’ in Sicilia che è nata la prima regione autonoma con statuto speciale avente rango costituzionale ed è qui che sono nati i primi movimenti indipendentisti e separatisti. Risale al 1958 la prima operazione di alchimia politico-elettorale posta in essere dal deputato regionale Silvio Milazzo, che, per sconfiggere la Democrazia Cristiana, di cui faceva parte, mise in piedi un’alleanza tra destra e sinistra, si mise a capo di un governo formato da elementi del M.S.I. e del P.C.I, con il beneplacito delle rispettive segreterie nazionali, e interrompendo, per soli pochi anni, il dominio democristiano protrattosi per circa mezzo secolo. Ed è sempre in quella che fu, come ci tramanda Diodoro Siculo, l’antica Trinacria, poi denominata Sicania, che nel novembre 2017 venne eletto Presidente della Regione il candidato Nello Musumeci a capo della neonata formazione politica “Diventerà bellissima”, sostenuto da ben 7 liste di centrodestra a lui collegate.

Vinceva Musumeci, con il 38% dei voti, sulla lista del Movimento Cinque Stelle che, da sola, superò il 34% dei consensi, anticipando, di pochi mesi, il clamoroso risultato del successivo marzo 2018, alle elezioni nazionali. Oggi, a due anni dall’insediamento del Governo Musumeci, cosa è mutato?

Musumeci

Occupazione. Il primo dato del 2019 ha visto nell’isola il numero più basso di occupati da quando sono state avviate le serie storiche dell’Istat, nel 1996: i siciliani con un lavoro sono un milione 312mila, 51mila in meno rispetto alla media dell’anno scorso. Il tasso di occupazione generale, così, si attesta al 31,7 per cento. Un dato drammatico, prerivoluzionario, su cui incide pesantemente la ancora più accentuata disoccupazione giovanile. A farne le spese maggiori sono gli aspiranti ad un impiego under 35, con oltre il 33%, mentre tra coloro che non hanno raggiunto i 26 anni il 50% resta a braccia conserte tutti i giorni. Peggio per le donne, ancor meno occupate, ancor meno pagate rispetto agli uomini. Né sembra sia bastata la boccata d’ossigeno data dal reddito di cittadinanza, che fa apparire occupato chi, di fatto, non lo è! Non è certo una “bella” situazione quella in cui versano le ultime generazioni. Annota l’economista Giuseppe Provenzano, attuale ministro per il Sud e la coesione territoriale del Governo Conte II, che “c’è una generazione tagliata fuori dal mercato del lavoro, quella che ha cercato un’occupazione dopo la crisi del 2008”. Per i giovani e giovanissimi la magra consolazione, insufficiente per assicurare quel minimo di dignità del lavoratore auspicato anche dalla Carta Costituzionale, di tentare di affidarsi alla “gig economy”, il modello basato sul lavoro temporaneo a chiamata. I lavoretti occasionali, per intenderci.

Diminuzione demografica. Mentre la natalità è in costante diminuzione, molti siciliani decidono di emigrare, aggravando sempre più il dato negativo relativo alla popolazione. La Sicilia fa registrare un forte calo di residenti rispetto agli anni precedenti, tra i più elevati d’Italia. Negli ultimi due anni decine di migliaia di persone hanno lasciato le loro città, le case, le famiglie e gli affetti per cercare al nord e all’estero un riscatto sociale che qui viene loro negato e così la popolazione residente isolana è scesa sotto i 5 milioni.

Economia. La produzione industriale diminuisce, le aziende falliscono e le partite IVA di tanti professionisti vengono cancellate. Nelle vie delle grandi città siciliane si soffre la tristezza di tante saracinesche abbassate nei giorni lavorativi. I cinema scompaiono uno dopo l’altro, il Teatro Massimo Bellini di Catania, fiore all’occhiello delle rappresentazioni liriche, privato di decine di milioni di euro dall’ultima Legge Finanziaria regionale, rischia di chiudere.

Teatro Bellini
Teatro Bellini

Welfare. Ospedali fatiscenti, scuole degradate, servizi sociali insufficienti, infrastrutture a rischio e collegamenti viari e ferroviari da terzo mondo. A Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento siciliano, l’assemblea regionale, nonostante il forte impulso propositivo della opposizione, “galleggia” su acque stagnanti, ed è bloccata, anche sulla abolizione dei privilegi, dalla “sicumera” del Presidente Gianfranco Miccichè.

“Diventerà bellissima”: questo prometteva sul futuro della terra siciliana, in ogni suo comizio, il Presidente Musumeci, quasi fosse il migliore dei chirurghi estetici o il top degli architetti restauratori. No, Signor Governatore, la Sicilia era, ed è, “bellissima” di suo. L’isola che rappresenta la centralità del Mediterraneo da millenni ha solo necessità di essere curata, amata, rispettata e non di essere aggredita “dall’acido” della inefficienza e dell’immobilità, che rischia di riportarla all’anno zero di una speranza di sviluppo.

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