Che ci fosse un accordo sottobanco era scontato. Infatti nessuno aveva creduto che il Ddl Zan passasse al Senato in prima botta. Adesso ci vorranno almeno sei mesi per tornare in aula ma nel frattempo Meloni più di tutti ma anche Salvini cantano vittoria. In Vaticano tirano un sospiro di sollievo.
Roma – Il Ddl Zan non passa. Colpa dei franchi tiratori che l’hanno bloccato in Senato. Il consesso parlamentare si è espresso con voto segreto ed a favore della cosiddetta “tagliola” che fa saltare l’esame di articoli ed emendamenti fermando l’iter fino all’anno prossimo. ll chiacchieratissimo Ddl in questione dunque non potrà essere ridiscusso prima di sei mesi.
Il regolamento del Senato, infatti, all’articolo 96 stabilisce che “prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un senatore per ciascun gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame“. E non è ancora finita perché “la votazione della proposta ha la precedenza su quella degli ordini del giorno“. Per intanto il Ddl Zan rimane nel cassetto. Poi si vedrà.
Tecnicismi procedurali che, comunque, hanno permesso a Lega e Fratelli d’Italia, di stoppare il provvedimento legislativo con la complicità di alcuni “loschi figuri“.
A favore della tagliola hanno votato 154 senatori, mentre 131 hanno detto no e due si sono astenuti, così in pratica ad affossare la legge sono stati 23 voti. Quelli dei figuri di prima.
Sospetti e accuse tra Pd e Italia Viva. I parlamentari democratici puntano l’indice sui Renziani, mentre pare che i sabotatori siano proprio all’interno dell’area riformista. Insomma il vero problema è che non si riesce a capire se i franchi tiratori stiano dentro il Pd o nell’area più allargata e ufficialmente a favore del Ddl Zan. Accordi sottobanco con opposizione e Lega? Tutto può essere, al punto in cui siamo.
Intanto non si fa attendere la risposta di Matteo Renzi, peraltro assente alla votazione, il quale chiamato in causa dal Pd ha affermato che per mesi aveva chiesto di trovare un accordo per evitare il flop del Ddl Zan. Ma questo appello, dice il leader di Italia Viva, sarebbe rimasto inascoltato.
“…Hanno voluto lo scontro e queste sono le conseguenze… Chi polemizza sulle assenze – dice l’ex Premier – dovrebbe fare i conti con i 40 franchi tiratori…”.
Il fatto da non sottovalutare, invece, è che non si sono fatti i conti con la libertà di coscienza. Cioè con la possibilità di agire in sintonia con le proprie convinzioni etiche e religiose indipendentemente dal partito di appartenenza.
“…E’ stata sconfitta l’arroganza del Pd e dei Cinque Stelle…” – ha detto Matteo Salvini, mentre per Enrico Letta e Giuseppe Conte: “…E’ stato fermato il futuro, mentre il Paese è da un’altra parte…Pertanto chi gioisce per questo sabotaggio dovrebbe renderne conto al Paese…”. Forse sarebbe meglio dare uno sguardo in casa propria prima di accusare gli altri. Ma tant’è.
Certamente bisogna combattere le discriminazioni ma lasciando fuori i bambini, la libertà di educazione, la teoria gender e i reati di opinione, sottolineano trasversalmente diversi parlamentari.
“…Cala il sipario sul ddl Zan, una pessima proposta di legge che noi abbiamo contrastato con coerenza e nel merito fin dall’inizio…”, tuona felice e soddisfatta Giorgia Meloni.
Per Alessandro Zan, il primo firmatario del disegno di legge, è stato tradito il patto politico e le responsabilità sono chiare (il riferimento è a Renzi). Il deputato non ci sta e annuncia battaglia.
“…L’esito del voto al Senato sul ddl Zan conferma quanto sottolineato più volte: la necessità di un dialogo aperto e non pregiudiziale – commenta il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti – in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire all’edificazione di una società più giusta e solidale….Lo stop dell’Aula del Senato, al testo del ddl Zan, offre comunque la possibilità di una riflessione e di un confronto franco…”.
Ma le prove “tecniche” per l‘elezione del Presidente della Repubblica sono già iniziate. Vatti a sbagliare.