L’esperimento ha richiamato centinaia di persone che si sono cimentate, per mezzo di un visore, nel percorrere un labirinto virtuale che nulla ha a che fare con il tradizionale dedalo dove è difficilissimo trovare l’uscita. Piuttosto di uno spettacolo post-teatrale dove gli adulti hanno cercato di comprendere l’adolescenza nelle sue fragilità.
Bologna – Le vacanze per la maggior parte degli italiani stanno volgendo al termine. La gente ha avuto voglia di stare fuori, di divertirsi. Legittimo dopo un periodo di timori dovuti alla pandemia e alla crisi che si è trascinata con sé.
Pandemia e crisi sono sempre in agguato, pronte ad aggredirci come fiere fameliche se non saremo capaci di affrontarle. La vacanza, però, nel rispetto del suo etimo, vuol dire vuoto, libertà.
Giorni vuoti dal lavoro, dallo studio e dai vari impegni quotidiani, in cui i ritmi in teoria possono rallentare e in cui il pensiero è libero di librarsi nell’anima propria e altrui. E’ lapalissiana la sua natura eccezionale, ma sarebbe proficuo impegnarsi affinché anche i giorni standard abbiano lo spazio da essere riempito con questo tipo di vuoto certamente piacevole.
Come siamo combinati, è una pura chimera, neppure un’utopia! Qualcosina che si avvicina molto ad un tentativo di creare del vuoto, nel senso di cui sopra, in uno spazio ordinario è l’esperienza del Labirinto a Bologna.
Uno dei più bei labirinti del mondo Dedalo Labirinto della Masone, Parma
Non si tratta di quella sorta di struttura di vaste dimensioni, costruita in modo che risulti difficoltoso per chi vi entra trovare l’uscita. E nemmeno un percorso inestricabile di strade, un dedalo. Quest’ultimo termine deriva dalla figura del mitico Dedalo, il leggendario costruttore del labirinto di Creta per il re Minosse.
Si tratta, invece, di un labirinto virtuale, uno spettacolo post-teatrale a cura della compagnia teatrale dell’Argine a conclusione del progetto biennale bolognese Politico Poetico.
La performance si è svolta in realtà virtuale per mezzo di un visore attraverso il quale ogni spettatore ha potuto muoversi nei 49 mq della scena, per esplorare le storie di 14 adolescenti nel loro complicato rapporto con la città in un Labirinto che si perpetua nel tempo.
Questo spettacolo post-teatrale è andato in scena a Bologna dal 18 al 27 giugno scorsi, presso l’Istituto Tecnico Aldini Valeriani. Il tema è stato dedicato alle fragilità dell’adolescenza ed è risultato assai innovativo nel linguaggio e nelle modalità di fruizione.
E’ stata l’ultima tappa del progetto artistico e di cittadinanza attivo Politico Poetico, per un nuovo patto tra teatro, città, adolescenti. Il progetto faceva parte di “Così sarà! La città che vogliamo“, realizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, promosso dal Comune di Bologna, cofinanziato dall’Unione Europea-Fondo Sociale Europeo, nell’ambito del Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020.
Un progetto durato due anni che attraverso incontri, conferenze, dibattiti è stato l’occasione per ascoltare la voce degli adolescenti di oggi su temi importanti dell’Agenda 2030: Ambiente, Economia e Lavoro, Disuguaglianze, Città e Comunità, pace e Giustizia.
Studenti dell’Istituto Tecnico Aldini Valeriani
Lo scopo è stato di tentare una comprensione dell’adolescenza altra, quella che spesso si perde negli spazi interstiziali delle nostre città, dove il nostro sguardo non si ferma o non vuole fermarsi a guardare. Si è rivelato uno spettacolo immersivo in cui lo spettatore si è trovato al centro di un contesto interattivo.
Grazie all’utilizzo del visore lo spettatore si è catapultato in uno scenario virtuale, libero di scegliere come muoversi ed interagendo in maniera diversa dal solito con cose e persone. In questa situazione virtuale, lo spettatore si è mosso in un “dedalo di corridoi e stanze” in cui si è interfacciato con storie, immagini e sensazioni per essere proiettati all’interno dell’universo delle fragilità adolescenziali.
E’ stata narrata l’adolescenza dimenticata per evidenziarne il lato più fragile e più critico del rapporto giovani-città. Un tentativo per tenere in relazione tra loro segmenti della società altrimenti sconosciuti e dispersi, per rafforzare il senso di comunità delle varie componenti.
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