Non c’è futuro per i giovani, nemmeno col Pc

La didattica a distanza non ha dato i risultati sperati. E non avrebbe potuto perché sono ancora numerosissimi i giovani che non hanno dimestichezza con i computer ed altrettanti che non se lo sono potuti permettere. Impreparazione e scarse competenze hanno provocato un mezzo fallimento del progetto multimediale di cui non si è più parlato. I “nativi digitali” esistono solo nella mente di chi ha fatto un buon affare con la Dad.

Roma – Nell’ultimo anno e mezzo molti ragazzi in età scolare, causa pandemia, sono stati catapultati in un contesto che era presente, forse, solo nella loro fantasia. Stiamo parlando della ormai, famosa, DAD (didattica a distanza) grazie alla quale si è riusciti a portare a termine l’anno scolastico. 

Però una buona parte di loro risultano impreparati e senza le necessarie competenze per affrontare il mondo digitale in cui siamo tutti, più o meno, immersi.

Il 20% dei minori è in difficoltà con il digitale

E’ quanto emerge dalla ricerca “Riscriviamo il futuro“, una rilevazione sulla povertà educativa digitale di Save the Children, da cui se ne è configurata una nuova dimensione, quella digitale, che va ad inquadrarsi in quella più generale.

Sono, infatti, 1,3 milioni i minori indigenti, ben 209mila in più dell’anno scorso, in condizioni di povertà assoluta. Numeri che hanno il sapore della beffa, oltre che del danno, se pensiamo che si è osato definire la nuova generazione dei “nativi digitali“. Alla faccia del bicarbonato di sodio, diceva Totò.

La DAD ha evidenziato le lacune nella conoscenza e nell’utilizzo di strumenti informatici

In dettaglio numerosi studenti mostrano evidenti lacune nella conoscenza e nell’utilizzo degli strumenti informatici, nonostante la dad dell’ultimo anno. Altri non sono ancora in grado di eseguire semplici operazioni. Ad esempio non riescono a condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom o scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola.

Quindi una vera e propria privazione delle opportunità per apprendere ma  anche la frustrazione di sperimentare, esprimere le proprie capacità, aspirazioni e talenti. Risultati che non sorprendono più di tanto, se constatiamo che l’82% non ha mai utilizzato il tablet a scuola prima della pandemia e che il 32,5% non sa nemmeno cosa sia la LIM, Lavagna Interattiva Multimediale.

Com’era facilmente intuibile dall’analisi è emerso che la situazione socio-economica delle famiglie influisce sul livello di alfabetizzazione digitale dei ragazzi. Maggiore è il titolo di studio dei genitori, minore l’incidenza della povertà educativa.

Invece le famiglie più svantaggiate hanno minore possibilità di acquisizione di strumenti digitali. Le differenze sembrano annullarsi per quanto riguarda la capacità di bambini e ragazzi di conoscere e applicare le regole del mondo virtuale e la capacità di districarsi tra pericoli ed opportunità del web.

L’AbCD, (Autovalutazione di base delle Competenze Digitali) è un nuovo strumento per rilevare la povertà educativa digitale, elaborato dal Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Innovazione e alla Tecnologia (CREMIT), in collaborazione dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e da Monica Pratesi, docente del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa.

Monica Pratesi

Attraverso l’AbCD si è misurata l’assenza delle competenze di base dei minori per quattro dimensioni della povertà educativa digitale: apprendere per comprendere, apprendere per essere e per vivere assieme, apprendere per una vita attiva e autonoma.

Ben vengano programmi come Riscriviamo Il Futuro che, in primis, rappresentano un intervento integrato per il contrasto alla povertà educativa ed alla dispersione scolastica, che garantisce un sostegno nel medio e lungo periodo alle famiglie e ai minori più in difficoltà nelle periferie e nei quartieri più disagiati.

Si interviene dunque sia materialmente che con un supporto educativo in ambito scolastico ed extrascolastico. E lo Stato che cosa fa? Come le stelle sta a guardare. Dipendesse dalle istituzioni il futuro per molti adolescenti sarebbe una chimera.                                                                        

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