La vecchia, cara agenzia matrimoniale non esiste più. Oggi si parla di incontri virtuali che prima avvengono in rete, tramite applicazioni specifiche che stanno spopolando, e poi si dovrebbero trasformare in appuntamenti reali. Eppure c’è chi si ferma alla prima fase e si accontenta di messaggini ed emoticon. I tempi cambiano e gli innamorati di Peynet sembrano ormai archeologia culturale.
Ormai ne abbiamo fin sopra i capelli di questa tecnologia che ha invaso ogni campo dello scibile umano, provocando profondi cambiamenti anche nel nostro modo di relazionarci col prossimo. Non è che possiamo fare granché per arginare quello che è stato un vero e proprio “tsunami” che si è abbattuto su di noi, inermi poveri cristi.
Adesso, ad esempio, si parla tanto di dating app, il cui scopo è di mettere in contatto gli utenti tra di loro, in modo che possano iniziare una relazione che dal virtuale passi al reale. Affinché questo processo vada in porto c’è bisogno di una molteplicità di funzioni, filtri e caratteristiche. A proposito di quanto sia rilevante questo argomento, se ne è occupato la Mit Technology Review, rivista indipendente del Massachusetts Institute of Technology.
Ormai gli utenti riescono ad inventarsi modi disparati per conoscersi. Ad esempio c’è stato chi ha proposto un thread su Twitter, ovvero una sequenza di risposte ad un tweet, inviate dalla stessa persona e collegate tra loro. In questo modo è stato chiesto alle persone di presentarsi con una breve biografia, una foto e quello che cercano. Sono scaturiti molti dates (appuntamenti) e persino relazioni.
Poi c’è stato chi ha deciso di sfruttare il nuovo trend delle newsletter per dare vita ad una sorta di dating su misura. E’ stata così ideata da Randa Sakallah la newsletter Hot Singles (trad. i single più gettonati) sulla piattaforma digitale Substack che consente di inviare newsletter direttamente agli abbonati, basta compilare un modulo su Google Form.
L’ideatrice si occupa della selezione del profilo e del suo inoltro a migliaia di iscritti ogni venerdì. Tutto questo per svincolarsi dalla soffocazione degli algoritmi e dalla valanga di volti e profili che bisogna subire su app di incontri come Tinder, Grindr, Once e simili.
I critici di queste applicazioni hanno rilevato che il loro design e l’attenzione alle immagini riduce le persone a “caricature“. Oppure può esserci il paradosso della scelta: la gran varietà di candidati può anche creare confusione.
La difficoltà a spostarsi è un altro aspetto che si è accentuato con la pandemia. Isolamento e lockdown hanno cambiato in maniera decisa la percezione delle distanze: grazie allo smart working sono aumentate le possibilità di incontrarsi anche fuori della propria città.
C’è da dire che le dating app nell’emergenza pandemica hanno goduto di un vantaggio, in quanto già prima dell’emergenza il 30% degli statunitensi ne usava almeno una. Un dato salito al 48% per gli utenti nella fascia d’età 18-29 anni e al 55% per i queer (persone non eterosessuali che preferiscono rimanere nel vago, rifiutando ogni idea di etichetta). Da queste app sono nate anche relazioni di lunga durata.
Questi dati sono il frutto di una ricerca al Pew Research Center di Washington, svolta da un think thank – pool di esperti impegnato nell’analisi e nella soluzione di problemi sociali e di opinione pubblica, negli Stati Uniti e nel mondo.
La Mit Technology Review alla fine della sua disamina ha evidenziato che queste app non conosceranno crisi e né scompariranno mai perché, per quanto poco edificante possa apparire agli occhi dei tradizionalisti dell’amore, lo strumento è più che valido per coloro che vogliono in modo “alternativo” stringere relazioni, fugaci o lunghe che siano.
Se prima dicevamo “dove ci vediamo stasera?” adesso ci chiediamo “su quale app ci incontriamo?”. Possiamo affermare che il modo di relazionarci col prossimo è cambiato perché i tempi cambiano. Bisogna farsene una ragione.