Si va sempre di più verso un candidato di alto profilo istituzionale che significa tutto e niente. L’unico pronostico certo riguarda le decine di parlamentari che non intendono giocarsi la poltrona prima della naturale scadenza della legislatura. Dunque urge un presidente che scongiuri le elezioni anticipate e che assicuri a questi “onorevoli” la pensione ed altri privilegi. Prima che vengano spazzati via per sempre.
Roma – Continua la girandola di personaggi per l’elezione del Capo dello Stato. L’insofferenza è palpabile nel Bel Paese. Il centrodestra si blinda e rimane schiavo della sua stessa coalizione. Meloni, una zavorra che ha interessi opposti alla maggioranza parlamentare di “unità nazionale”, tiene prigionieri tutti gli alleati, Salvini in primis che cerca di ri-conquistare la leadership.
Andare oltre l’attuale recinto sarebbe utile per l’Italia. Casellati, proposta dal centrodestra, alla ricerca di 505 parlamentari, rimane al palo. Mentre continua senza freni lo “showdown” parlamentare da cui traspare che il nostro è il Paese in cui le garanzie offerte dalla Banca Europea per gli Investimenti attraggono maggiormente il capitale privato.
Il primato emerge dai dati sull’attività annuale della BEI relativi al 2021. Una nota dolente, però, che meriterebbe maggiore attenzione e una più approfondita analisi da parte della classe politica nostrana, impegnata sempre in altre cose, Le parole della vicepresidente BEI, Gelsomina Vigliotti, che riguardano il Mezzogiorno la dicono lunga:
“…Non posso nascondere che il Sud non è destinatario della maggior parte dei progetti finanziati o garantiti da BEI – dice Vigliotti nelal sua relazione – Da un lato è minore la presenza di soggetti industriali, e dall’altro c’è una minore capacità amministrativa da parte degli enti locali…”. Un aspetto, quest’ultimo, su cui rimane ancora molto da lavorare. Davvero molto.
Tornando al borsino quirinalizio e alla confusione che regna sovrana, al momento, nessuna novità degna di rilievo. Intanto la partita entra nel vivo con due votazioni al giorno ma la tensione aumenta di ora in ora. Insomma solo un’accelerazione repentina potrebbe definire i giochi che si fanno ormai frenetici. In ogni caso la regia è confusa negli schieramenti. Specie con Salvini che, con continue inversioni ad “u” e almeno apparentemente succube della Meloni, ha portato la coalizione di centrodestra all’impatto frontale.
Dall’altro lato, sia il M5s che il Pd, senza identità, non riescono ad essere convincenti e pervasivi. L’impotenza della politica continua a dilagare. Purtroppo tra le tante manovre e strategie nulla di serio ancora traspare all’orizzonte. Si assiste, quasi esclusivamente, a incontri tattici che sembrano congressi all’interno dei partiti. Nulla di più nonostante l’inizio del conto alla rovescia.
Per esempio, in considerazione dello spettacolo a cui si assiste, nessuna proposta proviene dal centrosinistra che gioca solo di contropiede. Insomma Letta attende lo sfinimento di Salvini, così non gli rimane che valutare le proposte altrui e giocare una partita di attesa. Oppure giocare nell’interesse del Premier per portare, in extremis, Draghi al Quirinale, con il rischio però di spaccare ulteriormente il partito. Ma tant’è.
D’altronde, fino adesso, il capo del Carroccio, da vero camaleonte, non ha fatto altro che muoversi in maniera frenetica ma senza concludere nulla. Il duello tra Draghi e Casini, continua mentre la Casellati chiede spazio e strada.
Sfiorita, comunque, la “rosa di nomi” Pera-Moratti-Nordio, ognuno va per conto proprio e si punta ora su una figura di “alto valore istituzionale”, così non rimane che consultare “l’elenco telefonico”. Nella quinta votazione ad urne aperte, Salvini ha fatto una conferenza stampa. Una sorta di auto-elogio che non porta da nessuna parte. In ogni caso il centrodestra cerca di sfondare per dimostrare la propria compattezza e muovere le acque, sul nome di Casellati, mentre il centrosinistra ed il M5s si astengono.
Il risultato è scontato con i franchi tiratori che hanno contribuito ad impallinare la Casellati che, ad ogni buon conto, ha preso 382 voti, mentre Di Matteo ha avuto 38 preferenze e Mattarella 46 voti. Gli astenuti sono stati 406. Insomma la coalizione, con i suoi 413 voti, non ha retto.
A “sacrificio” avvenuto l’appuntamento rinviato alle ore 17.00 per la sesta votazione ha dato un risultato abbastanza scontato, anche se deludente. Tra Mattarella, schede bianche ed astensioni si consuma la seconda votazione del giorno. Cosi facendo l’intento sembra palese: temporeggiare per non pregiudicare un accordo per la votazione successiva. Forse.