Uomini e donne sul lavoro: troppa disparità

Le donne sono ancora le più penalizzate per quanto riguarda i salari rispetto agli uomini. La legge che entrerà in vigore con l’anno nuovo dovrebbe sanare questa disparità ma superare le disuguaglianze sul lavoro sarà un’impresa, sia nel pubblico impiego che in quello privato. Comunque la tendenza si deve invertire, se si vuole parlare sul serio di parità.

Qualche giorno fa è stata approvata al Senato la legge sulla parità salariale uomo-donna, il cosiddetto gender pay gap. Le relatrici alla Camera e al Senato, Chiara Gribaudo e Valeria Fedeli, hanno trionfalmente dichiarato alla stampa: “…E’ una giornata di festa per tutte le donne. Il nostro Paese compie un passo fondamentale verso il completo superamento delle disuguaglianze di genere, l’aumento dell’occupazione femminile, l’assunzione del principio di condivisione tre donne e uomini delle opportunità e delle responsabilità sul lavoro e in famiglia…”. Ma che cosa dice la normativa?

Valeria Fedeli

Dal 1° gennaio prossimo sarà istituita la certificazione della parità di genere e verrà introdotto uno sgravio contributivo dell’1% nel limite di 50mila euro annui, con una dotazione di 50 milioni complessivi.

In pratica ogni azienda con più di 50 dipendenti dovrà redigere una certificazione sulla parità di genere, un documento con cadenza biennale in cui saranno elencati diversi indicatori sulle politiche del personale, dei salari, inquadramenti, congedi e reclutamento. Si estende anche agli organi collegiali di amministrazione delle società quotate in Borsa, la normativa sulle “quote rosa“.

Speriamo che sia davvero così perché la realtà ci racconta altro. L’Osservatorio INPS ha diffuso dati allarmanti sul fenomeno che riguarda tutte le posizioni, compresi il lavoro ad intermittenza (a chiamata) ed in somministrazione (attraverso le agenzie lavoro).

Le retribuzioni medie delle donne sono inferiori del 31,2% rispetto a quelle maschili. Bella notizia, soprattutto in occasione della Giornata europea per la parità retributiva delle donne che si è tenuta lo scorso 10 novembre, riconosciuta da 12 Paesi ma non dall’Italia: per ogni euro guadagnato da un uomo, la donna percepisce 96 centesimi.

Con la pandemia è aumentata la disoccupazione in tutta Italia

Dai dati emerge che l’effetto pandemia è stato devastante, nonostante il blocco dei licenziamenti, nel settore privato, soprattutto per quanto riguarda il lavoro a chiamata ed in somministrazione. L’anno scorso i lavoratori dipendenti erano circa 15,5 milioni, in diminuzione rispetto a quelli dell’anno precedente. Gli effetti negativi sono stati subiti soprattutto dagli apprendisti, che sono diminuiti del 5,1% e dagli operai con una flessione del 3,3%.

C’è da dire che il settore privato ha retto l’urto grazie alle misure predisposte dal Governo come la CIG (Cassa Integrazione Guadagni) e all’utilizzo generalizzato dello smart working. In dettaglio l’Osservatorio ci ha reso noto che la retribuzione media nel 2020 è stata pari a 20.658 euro, una media di 223 giornate retribuite.

Lo stipendio medio in Italia è di 21.462 Euro l’anno

La curva degli stipendi è cresciuta fino alla fascia d’età 55-59 anni ed è sempre più alta per gli uomini, il cui salario medio è stato pari a 23.859 euro, contro i 16.285 di quello femminile. Il dato generale di 31,2% di salario inferiore femminile rispetto al maschile, è dovuto anche al fatto che le donne hanno effettuato meno giornate retributive rispetto agli uomini.

Dal punto di vista geografico, al Nord, com’era intuibile, nel 2020 i valori medi sono risultati i più elevati: nel Nord-Ovest pari a 24.533 euro e nel Nord-Est a 21.942. Il divario è molto forte se confrontiamo le retribuzioni con quelle dell’Italia meridionale, dove anche il numero medio di giornate retribuite all’anno è stato più basso.

Continuando nella lettura degli impietosi dati ci imbattiamo in quelli relativi alle retribuzioni “a chiamata“, che definirle tali ci vuole un bel coraggio. Ebbene la media annua che cresce con l’età è stata pari a 1.869 euro e la fascia d’età tra i 60-64 anni è arrivata a percepire – udite, udite –  mediamente ben 2.795 euro annui!

Nel settore dei lavori in somministrazione la media delle retribuzioni annue è stata di 9.252 euro, sempre più alta – una costante – per gli uomini (10.338 euro) che per le donne (7.691). La fascia d’età per le donne che percepisce l’iperbolica cifra media annua di 8.799 euro è quella compresa tra i 30-34 anni. Mentre quella degli uomini è tra i 40-44 anni con 11.212 euro.

Noi tutti auspichiamo che la legge approvata provochi un’inversione di tendenza. Ma i numeri nudi e crudi ci dicono altro, il resto è solo fuffa.               

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