Il pensiero delle urne che si avvicinano inizia a tormentare i leader dei partiti. L'Italia è in ginocchio ormai da mesi e i vaccini arrivano con il contagocce. La politica continua a deludere.
Roma – Già nei prossimi giorni un decreto legge per obbligare alla vaccinazione il personale sanitario. In caso di rifiuto la sospensione o, addirittura, il licenziamento per tutti coloro i quali si trovano a contatto con i malati.
Queste le ipotesi, più o meno condivisibili, al vaglio del Governo che avrebbe già pronta una bozza per un nuovo provvedimento nel quale verrà inserito anche lo “scudo penale” per i medici. In ogni caso nonostante tutte le polemiche politiche sulle riaperture di aprile, Draghi ha sottolineato che tutto dipenderà dai dati sui contagi.
Viene confermata la riapertura delle scuole, in presenza fino alla prima media, anche in zona rossa. Ma il dato più importante è la rassicurazione agli italiani in tema di vaccini. L’affermazione del Premier è lapidaria: “Avranno tutte le dosi”. Sarà.
Il quadro della pandemia certamente non è omogeneo sul territorio infatti per quanto riguarda le scuole si parla del dopo Pasqua. Così nelle isole sarà confermato l’83% degli alunni in presenza, mentre nelle Regioni settentrionali saranno il 57% del totale.
Comunque la Regione con la minore quota di studenti in presenza sarà la Campania (solo il 51%), quella con la maggiore presenza il Lazio (84%).
Se si vogliono i numeri per comprendere meglio che cosa succederà in riferimento ai diversi settori scolastici, possiamo anticipare che seguiranno le attività didattiche a scuola 1.393.010 bambini delle scuole dell’infanzia (il 100%), 2.605.865 alunni della primaria (il 100%), 906.011 alunni della scuola secondaria di I grado (il 52,9%) e parzialmente in alternanza al 50% 407.304 studenti delle superiori (il 14,6%).
Nel frattempo sul versante strettamente partitico, Matteo Salvini invita tutti al buonsenso. Infatti è la prima cosa che gli italiani si attendono dal leader della Lega che, in questi mesi, ne ha dimostrato davvero molto poco. E continua su questa strada, a quanto pare.
Il capo del Carroccio, imperterrito, reitera al presidente Draghi il proprio liberi tutti o, se non tutti, almeno in parte:
“…Dal 7 aprile si riaprano le attività chiuse e si ritorni alla vita a partire da ristoranti, teatri, palestre, cinema, bar, oratori, negozi. Gli italiani vogliono tornare a vivere…”.
Ma la risposta di Draghi è glaciale: “…Le misure hanno dimostrato nel corso di un anno e mezzo di non essere campate per aria…”. Chiuso l’argomento. E speriamo che Salvini l’abbia capito e non continui con la farsa ben conoscendo l’andazzo del governo di cui fa parte e che ha approvato senza condizioni
Intanto Grillo conferma il vincolo del doppio mandato e nel M5s scoppia la bomba, mandando in tilt le chat su cui si accende il confronto. Il rischio, infatti, è che esploda un “Vietnam” nei gruppi parlamentari. Fra chi è stato eletto per la prima volta e chi si trova alla seconda esperienza.
Una guerra fratricida che può sommergere anche Conte, leader in pectore del nuovo Movimento 2.0. Invece Letta, novello Prodi, cerca di unire tutte le frange della sinistra, per competere con il centro-destra e possibilmente vincere alle prossime elezioni. Atteso che la coalizione che vedrà Salvini, Meloni e Berlusconi ancora alleati è senza dubbio meno litigiosa del centro-sinistra.
Un ritorno, in buona sostanza, alla riedizione “arlecchino” del programma dell’Unione del 2006, con le 281 pagine dell’accordo pre-elettorale dei partiti. Una coalizione che andava dall’Udeur di Clemente Mastella sino a Rifondazione Comunista, passando per l’Ulivo che avrebbe dato vita, l’anno successivo, al Partito democratico.
Oggi il segretario dem sembra più determinato. Tanto che afferma di non essere tornato per vivacchiare e guidare la coalizione verso la sconfitta. Letta intende arrivare primo alle prossime elezioni, nonostante i sondaggi prevedano ben altro per Pd e M5s. Comunque stiano le cose il nuovo segretario affila le armi e tenta la carta della coalizione larga, anzi extra-large:
“…Se andiamo soli regaliamo l’Italia a Salvini e Meloni – dice Letta – per questo dobbiamo fare una coalizione con chi ci è più vicino. Dobbiamo fare un’alleanza tra partiti che si rispettano ma con l‘ambizione di rappresentare la leadership di questa alleanza. Poi individueremo la modalità per decidere il candidato premier…”.
Peccato che i numeri, sino ad oggi, gli diano torto e legge elettorale permettendo. Al momento infatti non si sa con quale legge si arriverà alle urne anche se, in sordina, si fanno diverse ipotesi. Enrico Letta ha annunciato che incontrerà anche Renzi, l’acerrimo avversario atteso che in politica non esistono “nemici“. Forse.
“…Parleremo di che tipo di futuro costruire per la sinistra – ha aggiunto Letta – certamente voglio costruire un’alleanza di centrosinistra con i 5 Stelle...”. Proprio questa determinazione potrebbe trasformarsi per il Pd in un “trappolone infernale” dagli esiti scontati.
Con i 5 stelle di Conte, invece, potrebbero esserci più consensi ma anche qui la strada è comunque in salita. Ed il perché ha solo un nome: Virginia Raggi. Salvo che le primarie non stabiliscano altrimenti. Letta ha avuto colloqui anche con le Sardine, il che è tutto dire.
Un faccia a faccia con Mattia Santori che su Twitter lo stesso segretario del Pd ha definito “utile e costruttivo”. Comunque al di là della consistenza del progetto assai bizzarro, Letta tenta di superare tutte le contraddizioni interne al proprio partito, aprendo a segmenti civici attraverso le diverse Agorà Democratiche presenti nel Paese.
Insomma “più che il dolor poté il digiuno“ direbbe Dante Alighieri che di politica non era secondo a nessuno. I nostri invece brancolano nel buio.
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