Come nel dopoguerra Napoli torna a riempirsi di venditori di sigarette come nel celeberrimo film “Ieri, oggi, domani” diretto da Vittorio De Sica nel 1963 in cui Sophia Loren interpretava una contrabbandiera di bionde perennemente incinta per evitare il carcere. Oggi la criminalità non ha scrupoli e mischia veleno nel tabacco di note marche di sigarette. Regolarmente contraffatte e pericolose.
Napoli – Una succursale romena di China Tobacco, la CTIEC (China Tobacco International Europe Co.), una società fantasma del Kurdistan iracheno e ancora i porti di Salerno, Napoli e della Libia. Questo sembra essere il percorso delle sigarette Regina nel mercato nero. Se n’era parlato un paio di mesi fa ma lo smercio di sigarette illegali sembra non conoscere soste.
La fabbrica si trova nelle campagne a nord di Bucarest, vicino Parscov, e produce di frodo alcune marche delle sigarette più popolari in Europa. La ditta ha rifornito aziende legate ai contrabbandieri di diversi Paesi, tra cui l’Italia.
La struttura esiste dall’inizio del 2000 e pare che la Cina abbia investito oltre 40 milioni di dollari per creare una sorta di avamposto per espandere le vendite di sigarette in Europa. Eppure, nonostante le grandi ambizioni di CTIEC, una parte della sua produzione ha trovato uno sbocco nei mercati illegali.
La succursale romena della China Tobacco International Europe Co.
E così, nel 2015, magistratura e polizia rumene hanno aperto un’inchiesta per verificare se i funzionari della fabbrica fossero coinvolti in traffici di commercio illegale, attraverso la complicità di imprese moldave e ucraine. Indagine che tutt’ora rimarrebbe aperta senza alcun esito.
Marble e Regina sono diventati i marchi più contrabbandati in Europa e in Italia, soprattutto nelle regioni più povere, in quanto più economiche rispetto alle sigarette legali. La Guardia di Finanza sospetta che China Tobacco stia vendendo illegalmente imballaggi e materie prime per le sigarette Regina alle numerose fabbriche di tabacco abusive della Campania, dove possono facilmente essere prodotte e vendute.
Bisogna anche sottolineare che China Tobacco è difficile da monitorare: non essendo una società quotata in borsa, non è obbligata a rilasciare informazioni finanziarie. Inoltre il suo sito ufficiale è offline da quasi un anno.
Dai dati raccolti è emerso come molte sigarette prodotte dalla filiale rumena siano state vendute ad aziende che sorgono in aree colpite da disordini civili o guerre: Iraq, Siria, Libia, Ucraina, Moldavia e Georgia. Ovvero i ”buchi neri” per le sigarette di contrabbando.
CTIEC sarebbe in affari anche con New Eastern Management, società registrata in Liberia, oltre che con tre diverse aziende ucraine. Tutte sotto inchiesta per contrabbando di tabacco. Ovviamente CTIEC ha negato ogni atto illecito, sottolineando che le spedizioni in Medio Oriente e in Europa sono giustificate in base alla domanda del mercato.
Ma veniamo all’Italia dove nell’agosto 2016 una dirigente rumena della CTIEC, tale Adina Ionescu, insieme a due esperti contrabbandieri, circolava per le strade del capoluogo campano di ritorno da Salerno.
I tre avevano appena messo in atto un piano che i procuratori italiani hanno definito alquanto ingegnoso, dichiarando che un container da loro affittato pieno di sigarette, imbarcato sulla Messina Line, avrebbe raggiunto la Libia, sbarazzandosi così dei dazi doganali europei.
Non è finita qui. In realtà all’interno del suddetto container non si trovavano sigarette, ma ben 17 tonnellate di materiale diverso come mattoni, materassi e cartoni. La vera merce era stata stipata in un altro container, nascosto in un garage della provincia campana. Insomma un colpo grosso che però falliva miseramente: il garage sospetto veniva perquisito dalla Guardia di Finanza e l’intero carico di sigarette sequestrato.
Gli inquirenti hanno definito Ionescu una ”pedina centrale” in un’operazione di contrabbando che affondava i suoi tentacoli in tutta Europa. D’altronde non sarebbe una strategia di espansione nuova quella messa in atto dall’azienda cinese: il contrabbando viene da sempre usato dai giganti del tabacco per allargare il proprio bacino di consumatori. In attesa della via della Seta, i malfattori con gli occhi a mandorla danno spazio alle sigarette facendo male i conti con le nostre Fiamme Gialle.
Dalle intercettazioni sarebbe comunque emerso che i rapporti tra contrabbandieri moldavi e italiani e la criminalità organizzata erano risalenti ad anni fa e nel giro sarebbe stato coinvolto anche un certo Rodwan Omar Ahmed Elmagrebi, un uomo d’affari con “connessioni ad alto livello” nella sua terra d’origine, la Libia, e mani in pasta in diversi affari nel Bel Paese. L’uomo si sarebbe dichiarato estraneo ai fatti.
Rodwan Omar Ahmed Elmagrebi
La società libica destinata a ricevere le merci era la Al Emeteyaz, con sede nella città portuale di Misurata, importante centro di contrabbando prima che fosse devastata dai bombardamenti della guerra civile a seguito della caduta di Gheddafi nel 2011. Solo nel 2016 la CTIEC ha confermato l’invio di oltre 350 milioni di sigarette in 33 spedizioni diverse all’azienda libica.
Durante l’inchiesta purtroppo non è stato possibile risalire all’effettivo indirizzo della società. Altra azienda che avrebbe giocato un ruolo forse ancora più importante in questo percorso tortuoso del commercio illecito è stata la Devmak, società irachena acquirente delle sigarette che, a sua volta, le avrebbe consegnate ad Al Emteyaz.
Ma neanche di questa società ci sono tracce fisiche della sua esistenza nell’edificio in cui risulta registrata, tanto che nemmeno la Camera di Commercio Irachena ha risposto ad una richiesta di informazioni sull’azienda. Solito giochetto ormai più che collaudato ma ancora maledettamente efficace.
Della fantomatica ditta sono emersi alcuni indizi sotto forma di timbri ritrovati all’interno dell’appartamento di Adina Ionescu in Romania. Sarebbero stati utilizzati per convalidare i documenti doganali. Un’inchiesta che tutt’ora lascia diverse zone d’ombra ma che prosegue fra difficoltà e ostacoli di ogni genere.