Governo a scadenza come l’unità nazionale

Ogni giorno che passa la corsa al Quirinale si fa sempre più difficile e irta di ostacoli. Forse sapremo qualcosa a ridosso della comunicazione del candidato ufficiale il cui nome stenta a venire fuori. Per il resto il Bel Paese si sta cimentando nel contrastare il virus come può nella convinzione che campagna vaccinale e mascherine forse non basteranno. Solo un colpo di fortuna può salvarci sul serio.

Roma – L’aria che si respira dà la sensazione che con gli ultimi accadimenti e, soprattutto, con l’introduzione dell’obbligo vaccinale si stia per interrompere il Governo Draghi. Infatti Giancarlo Giorgetti, ministro e grande sponsor del Premier, almeno come futuro Presidente della Repubblica, è stato assente al CdM del 5 gennaio scorso quando si è deliberata la nota imposizione per gli over 50. Defilandosi il plenipotenziario si è tolto cosi dall’imbarazzo di contrastare, per conto di Salvini, la linea più rigorista del Presidente del Consiglio.

Giancarlo Giorgetti

Beppe Grillo, invece, dopo anni bastian contrario e di “contro discorso” di fine anno ha deciso di tacere la notte del 31 dicembre, per poi tacciare come orwelliana” la scelta del Governo di introdurre per una parte della popolazione l’obbligo vaccinale. Ma ormai il giudizio di Grillo conta quanto il quanto il due di coppe quando la briscola è a bastoni.

Anche Mario Draghi ha ritenuto di tacere e di non spiegare agli italiani i contenuti del Decreto Legge decidendo, dopo tante proteste, di farlo solo oggi, onde evitare ulteriori speculazioni politiche. Vedremo che succederà.

Beppe Grillo

Insomma pare che le fratture fra i partiti e Draghi, da tutti peraltro rigorosamente smentita, si sia aggravata da quando il Premier ha dato per finito il suo compito alla guida del Governo, offrendo implicitamente alle forze politiche la propria disponibilità di trasferirsi al Quirinale.

I partiti in quel preciso istante, nonostante abbiano sollecitato all’inverosimile Draghi ad esprimersi in tal senso, ma nel momento in cui il primo ministro l’ha fatto tutti i gruppi si sarebbero accorti, improvvisamente, della difficoltà di sostituirlo a Palazzo Chigi.

Nonostante la variante Omicron, che pare rappresenti un virus a sé di gran lunga meno pericoloso, dilaghi in tutta Europa con un impatto devastante dal punto di vista della contagiosità, per alcune forze politiche è arrivato il momento di chiudere la parentesi del Governo di unità nazionale.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni

L’obiettivo è quello di riprendere in mano le leve del controllo diretto del Governo o prepararsi, come pensa Salvini, alla fase pre-elettorale, breve o lunga che sia, da una posizione di opposizione, e togliendo questa condizione di presunto vantaggio alla sola Giorgia Meloni.

Insomma Draghi, rimanendo in carica, potrebbe ritrovarsi ad essere “usato” dai partiti per obiettivi chiaramente di interesse e non per lo scopo primario di superare la crisi pandemica ed economica.

Da febbraio il Governo dovrà gestire il picco delle varianti Omicron e Delta con le forze politiche che vorranno sempre di più distinguersi sul tema dell’obbligatorietà vaccinale. E su questo specifico punto le maggioranze parlamentari potranno decidere a geometria variabile. Non si dimentichi che proprio Lega e M5s sono contrari all’obbligo vaccinale.

I partiti nelle prossime settimane giocheranno dunque quattro partite decisive: l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, la designazione di un eventuale nuovo Premier, l‘addio o meno al Governo di unità nazionale e la conseguente definizione di un nuovo perimetro di alleanze governative che di fatto darà l’avvio alla nuova campagna elettorale, anche in caso di scadenza naturale della legislatura.

Il Governo Draghi

E’ risaputo, del resto, che chi vuole proteggere la legislatura, e con essa la pensione e gli ulteriori dodici mesi di indennità parlamentare, non può prescindere per l’elezione del futuro Capo dello Stato dalle altre tre partite. In buona sostanza gli equilibri debbono resistere sennò crollerà l’intera impalcatura.

Certo un diverso perimetro di alleanze dentro la maggioranza che riproponesse la contrapposizione fra sovranisti e europeisti, attualmente, è impensabile. Un cambio di paradigma dove lo spirito di unità verrebbe spazzato via dall’esigenza del confronto fra le diverse visioni politiche, creerebbe soltanto i presupposti per un maggiore astensionismo. dalle urne. La partita è appena cominciata.

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