I giovani studenti s’interrogano sul perché di tanta violenza. La scuola infatti ricopre un ruolo fondamentale nell’educazione dei futuri cittadini che debbono comprendere bene il valore del vivere sociale segnato dalla cultura del rispetto delle persone e delle cose, con particolare attenzione al bene comune.
“…Sono sempre più convinto che l’ignoranza è la minaccia principale per il nostro futuro…”. Così scrive Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma, affermando che “…c’è una ricetta fondamentale cui dovremmo sempre più puntare, quella dell’istruzione obbligatoria fino a 18 anni…”.
Questo dovrebbe voler dire maggiori possibilità di trovare lavoro, redditi migliori, qualità e ricchezza di senso della vita, efficace benessere. Il rifiuto del vaccino è il rifiuto di fare qualcosa per la propria salute in forma preventiva prima di sentire su di sé le conseguenze di una malattia.
I fatti di Roma, le manifestazioni di violenza e di vandalismo alla sede della CGIL, sono un segnale di grande disagio e di protesta alle azioni di Governo che hanno messo in ginocchio l’economia, il lavoro e lo sviluppo sociale.
Enrico Letta su Twitter ha scritto: “…Vorrei lanciare un appello a tutti i professori d’Italia perché domani parlino ai ragazzi, ricordino loro cosa è successo qui, perché si abbia un momento di riflessione, in modo da capire la gravità enorme di quello che è successo…”.
La scuola non può restare estranea ai fatti accaduti e come già alcuni anni fa, nel 2007, dopo gli scontri e le aggressioni allo stadio di Cibali, che hanno provocato la morte dell’ispettore Filippo Raciti, i ragazzi s’interrogano sul perché di tanta violenza.
La risposta pedagogica trova riscontro nello studio della Costituzione, in un’attiva ed efficace Educazione Civica, capace di promuovere veri apprendimenti che modificano il modo di pensare, di sentire e di agire.
Il messaggio del compianto pedagogista e scrittore Mario Lodi “…Si capisce bene cos’è una scuola quando la viviamo come se fosse il luogo dove si entra competitivi e, dopo aver lavorato e studiato insieme, si esce rispettosi degli altri e tolleranti…”, aiuta a riflettere e a meglio comprendere il valore del vivere sociale segnato dalla cultura del rispetto delle persone e delle cose, con particolare attenzione al bene comune.
La Costituzione italiana riconosce il diritto di manifestare liberamente non soltanto come forma di riunione, ma anche come forma di manifestazione del pensiero, perché l’art. 21 lo riconosce in maniera altrettanto ampia.
“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi”. In questa riga dell’art.17 della nostra Carta costituzionale, già presente nello Statuto Albertino, (art.32) c’è tutta la disciplina delle manifestazioni No-vax di sabato e domenica a Roma ed è una regola dello Stato che va rispettata sempre.
Nel tempo abbiamo assistito a manifestazioni anche sindacali e studentesche senza controlli e con infiltrazioni di gruppi estremisti, che hanno violato i principi e i valori della libertà.
Come ha scritto Alfonso Celotto, docente di Diritto Costituzionale Università Roma Tre, leggendo gli atti dell’Assemblea costituente, nella seduta dell’11 aprile 1947, il deputato calabrese Francesco Caroleo del Gruppo misto, chiese l’eliminazione dell’avverbio ‘pacificamente’, ritenendolo per una parte superfluo e d’altro lato eccessivo.
Invece l’avverbio è stato mantenuto nel testo della Carta Costituzionale e costatiamo che non è stato adeguatamente rispettato e fatto rispettare.
Oltre a studiare la storia e conoscere bene la Costituzione, afferma il politologo e accademico italiano Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica nell’università di Bologna, occorre prevenire, reprimere e punire in maniera selettiva, puntuale, senza attenuanti. I disordini, gli atti di vandalismo e di distruzione vanno, sempre condannati e puniti. Questa resta una lezione di vita per gli studenti. E non solo.