Milioni di bambini affamati e analfabeti

Cibo e acqua negati, diritti negati, istruzione negata. Ma di che cosa dovrebbero vivere milioni di bambini con la pancia vuota al limite della morte per inedia? Le collette non bastano più e mentre l’Europa Unita si accinge a costituire un proprio esercito chi penserà a limitare questa tragedia mondiale?

Tra i tanti effetti nefasti che la pandemia ha deciso di regalarci, quello dell’educazione dei minori è forse passato sotto silenzio. Ci ha pensato Save the Children – organizzazione non governativa internazionale per la tutela dell’Infanzia e l’Adolescenza – a ricordarcelo col rapporto Build Forward Better – Costruisci in Avanti Meglio – da cui emerge che già prima della pandemia 1/6 della popolazione in età scolare, pari a circa 258 milioni di bambini nel mondo, non aveva accesso all’istruzione.

Oggi una buona parte di questi minori rischia di non fare ritorno mai più a scuola a causa della crisi economica dovuta alla pandemia e perché costretti a lavorare o a contrarre matrimoni precoci. Il rischio estremo per l’istruzione si manifesta in Paesi come Nigeria, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Mali, Libia e Afghanistan.

Una stima per il 2030 prevede che al mondo il 20% dei ragazzi compresi nella fascia d’età 14-24 anni ed il 30% degli adulti non saranno in grado di leggere, con il sesso femminile maggiormente penalizzato. Questa situazione non è scaturita solo dal Covid.

Altri fattori, come eventi climatici, cicloni, uragani, inondazioni, siccità, carenze di vaccini e mancanza di connessione digitale, hanno portato effetti devastanti sulle persone in generale e sui minori in particolare. Inoltre anche i conflitti bellici hanno giocato un ruolo decisivo.

Basti pensare agli attacchi subiti dalle scuole in Nigeria, Yemen, Siria e Afghanistan. In quest’ultimo Paese, già prima dell’escalation delle violenze e del ritorno dei talebani, i minori e, soprattutto, le bambine, faticavano ad andare a scuola. Ma gli effetti negativi della pandemia non si sono manifestati solo nel cosiddetto terzo mondo. Anche l’occidente opulento ha le sue problematiche.

Nel nostro Bel Paese, infatti, dopo un anno e mezzo di Dad, didattica a distanza, gli studenti italiani hanno fatto registrare un notevole decremento del livello di apprendimento. Con una dispersione scolastica implicita che ha raggiunto i 2,5 punti nella media nazionale.

Quest’ultima riguarda gli studenti che, nonostante non siano dispersi in senso lato, una volta terminata la scuola scarseggiano nelle competenze necessarie, sia per entrare nel mondo del lavoro che per l’Università. E’ un aspetto questo, che non sempre risulta essere all’attenzione della politica e della società. Per questi motivi si suole utilizzare la locuzione di dispersione scolastica latente.

Sono emerse, puntuali, le disparità territoriali con una drammatica ricaduta nel Mezzogiorno d’Italia. Solo per fare un esempio, la dispersione implicita, ovvero di coloro che alla fine dei lori studi non raggiungono la sufficienza in materie decisive ed importanti come l’italiano, la matematica e inglese è aumentata dal 7 al 9,5% su base nazionale.

Il divario sul territorio nostrano è talmente elevato che sembra la fotografia di due Paesi diversi e che ben esprime, invece, il carattere duale dell’aspetto socio-economico, che è sempre esistito tra il Nord e il Sud del Paese. Al settentrione, infatti, la dispersione implicita è del 2,6,% dei diplomandi, al centro l’8,8% e al Sud il14,8%.

Il divario di istruzione tra nord e sud è preoccupante

Sono dati allarmanti che confermano quando già si aveva sentore, girando per le periferie meridionali, di un Sud nel Sud. Realtà che hanno grande probabilità di essere succubi del degrado e della criminalità organizzata. Che cosa fanno i politici? Beh, “nascondono la polvere sotto il tappeto“, fanno finta di non vedere, impegnati come sono a garantirsi uno scranno alle prossime elezioni amministrative. Che squallore!               

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