Si fa ancora troppo poco per il consolidamento del territorio e le risorse non sono sufficienti. Il Premier Draghi ha lodato il lavoro del volontariato ma da solo non basta. Occorre maggiore presa di coscienza e grande sensibilità nei riguardi di un grave problema che può “travolgerci” da un momento all’altro.
Il rischio che la campagna “Io non rischio” sia inutile, è molto alto. Tutti sappiamo che il rischio idrogeologico del nostro territorio è molto alto. La sua fragilità si manifesta con veemenza ogni qual volta si verifica una scossa di terremoto, una esondazione di fiumi, una mareggiata, una frana. Gli ultimi decenni sono stati segnati da tragedie di varia natura, che non accadono per il destino cinico e baro. Piuttosto per incuria, miopia e disinteresse dell’uomo in generale, della pubblica amministrazione in particolare, nei riguardi del territorio.
Il 24 ottobre scorso si è celebrata la campagna “Io non rischio – Buone pratiche di protezione civile” sui rischi naturali che interessano il nostro Bel Paese. Il premier Draghi non ha fatto mancare la sua presenza e anche se attraverso un videomessaggio ha espresso la propria posizione:”…I danni provocati dalle catastrofi naturali non si possono azzerare, ma si possono ridurre e gestire. Per farlo è necessario l’aiuto e la preparazione di tutti…”.
“Mo’ me lo segno!” è un’espressione passata alla storia grazie al film “Non ci resta che piangere“, che l’indimenticabile Massimo Troisi pronunciò per sottolineare la banalità e la retorica di ciò che aveva ascoltato. E’ la stessa frase che potremmo dire noi per commentare il mirabolante messaggio del nostro Premier che ha continuato col panegirico sui volontari: “…Voi siete la forza silenziosa dell’Italia, che risponde ogni volta che c’è bisogno. L’Italia vi ammira ed oggi vuole imparare da voi…”. Così va il mondo!
In questa giornata storica si è riunito tutto il volontariato della Protezione Civile, le Istituzioni ed il mondo della ricerca scientifica per essere ancora una volta insieme, allo scopo di diffondere la cultura della prevenzione e le buone pratiche di protezione civile.
In oltre 500 piazze di tutta la penisola sono stati presenti punti informativi “Io non rischio“, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul rischio sismico, su quello legato alle alluvioni e ai maremoti. In contemporanea sono state realizzate centinaia di “piazze digitali” in cui i volontari hanno diffuso la cultura delle precauzioni grazie ai social media, le piattaforme di meeting e gli interventi in diretta.
L’iniziativa è giunta all’undicesima edizione e i protagonisti sono stati tutti i partecipanti appartenenti a circa 500 associazioni tra gruppi delle sezioni locali delle organizzazioni nazionali di volontariato, gruppi comunali e associazioni territoriali di tutte le Regioni italiane. Una caratteristica della campagna di quest’anno è stato il ruolo attivo dei cittadini che hanno potuto interagire, informandosi e confrontandosi sia nelle piazze che online.
La Protezione Civile ha promosso la campagna insieme ad Anpas (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze), Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), Reluis (Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica), Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Ogs (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale), AiPo (Agenzia Interregionale per il fiume Po),
Arpa (Agenzia Regionale Protezione e Ambiente dell’Emilia-Romagna), Autorità di Bacino del fiume Arno, CamiLab (Cartografia Ambientale e Modellistica Idrogeologica dell’Università della Calabria), Fondazione Cima (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale) e Irpi (Istituto di Ricerca per la Protezione idrogeologica). Un vero e proprio parterre de roi degli organismi pubblici e non profit presenti in Italia nell’ambito dell’ambiente e della protezione civile.
Non sono da mettere in dubbio iniziative del genere che servono a rendere quanto più partecipe ed informata possibile la cittadinanza italiana. Anzi ben vengano, ma rischiano di risultare inutili se non si interviene a livello politico nazionale e periferico con una programmazione capillare che metta la salvaguardia del territorio al primo posto, senza se e senza ma.
Coi cambiamenti climatici in corso è l’unica strada percorribile. Anche perché il recente maltempo in Calabria e l’alluvione in Sicilia ha provocato danni e vittime. E’ quello che vogliamo? Non credo proprio. Bisogna darsi una mossa e lavorare!