Di salario minimo si parla dal 2018. Manco a dirlo, di progressi non se ne sono visti. Al più siamo riusciti a peggiorare anche in questa annosa questione. Nonostante anche i sindacati, per lo meno una parte, si erano mostrati favorevoli. Per il resto siamo con le brache per terra.
Roma – In piena campagna elettorale pendere dalle labbra dei diversi leader non è certo il massimo. Prendere come oro colato le loro affermazioni potrebbe non essere la migliore delle idee, essendo queste sempre ricche di buoni propositi, idee e tanto istrionismo.
Rimangono ancora insoluti i problemi del petrolchimico che nella provincia di Siracusa rischiano di creare una disoccupazione record. Le inefficienze del governo Draghi, unite agli effetti delle sanzioni alla Russia, potrebbero sterminare una intera comunità imprenditoriale basata sull’indotto petrolifero.
L’impennata del costo del petrolio e del gas, dovuta soprattutto alla guerra in Ucraina, non può risolversi con i soliti scostamenti di bilancio. Misure che oltretutto graverebbero ulteriormente sulle future generazioni. Allo stesso modo non possono pagarne le conseguenze le persone fragili. È doveroso cambiare strategia e adottare provvedimenti che pensino al futuro e non solo all’immediato ritorno elettorale.
Per esempio gli interventi sulla scuola si rinviano sempre perché non hanno una diretta influenza sul prossimo voto amministrativo. Poi quando il ministro del Lavoro Andrea Orlando accenna all’importanza del salario minimo scatta un putiferio indicibile, senza alcuna proposta alternativa.
Il vero nodo sono le apparenze strumentali e demagogiche. Ma tutto in questo periodo sembra finalizzato a spostare consensi? Allora sarebbe meglio non fare nulla? Non credo sia la scelta giusta. Però se fatta sopra un palco, in una fase concitata come le elezioni amministrative, sembra uno spot elettorale.
La stessa cosa vale per il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Prontamente ha bocciato la proposta del collega in quanto sostenitore di un salario che corrisponda alla produttività. Due tesi diametralmente opposte provenienti da esponenti dello stesso esecutivo. Insomma una farsa.
Dunque c’è chi ritiene importante dare risposte immediate ai lavoratori a basso reddito e chi invece ritiene più importanti l’efficienza e le relazioni industriali. Un paciere tra le opposte visioni potrebbe essere la riduzione del cuneo fiscale, utile sia a lavoratori che aziende. Di questo infatti non si parla.
Il salario minimo è teorizzato anche dal commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni.
“…Il tema della perdita di potere d’acquisto degli stipendi e dell’aumento delle diseguaglianze – commenta l’ex premier – non può essere ignorato. Bisogna alzare le tasse alle grandi multinazionali che escono vincitrici dalle crisi di questi anni, dalla pandemia alla guerra…”.
Intanto il Ddl è fermo in Senato mentre nella maggioranza si profila lo scontro politico sulla misura. Di contro, l’intervento del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sembra più pragmatico.
“…Se ben studiato il salario minimo è una buona cosa, ha vari effetti positivi – ha spiegato Visco – è importante non legare al salario minimo ad . Se un salario minimo che ha piena indicizzazione ai prezzi al consumo diventasse il modello di riferimento per tutti i salari e le contrattazioni, incorporerebbe direttamente quel discutibile meccanismo automatico…”.
Il braccio di ferro sul salario minimo rischia di diventare un ulteriore terreno di scontro nella maggioranza, così come per concorrenza e delega fiscale. Comunque l’iter che proseguiva al rallentatore dal 2018 si è sbloccato appena un mese fa. Sarà battaglia di emendamenti.