Quando si avvicinano competizioni elettorali importanti c’è sempre un accenno alla politica degli anni che furono. Inevitabilmente si ricorda la Democrazia Cristiana, Il Psi e cosi via dicendo. Sono solo rigurgiti senza alcun pericolo. Oggi, infatti, sarebbe impensabile un ritorno alla Prima Repubblica o a quelle logiche politiche che la caratterizzarono. La voglia di centro, dunque, rimane voglia.
Roma – Roberta Metsola è la nuova presidente del Parlamento UE. L’Eurodeputata maltese del Partito Popolare Europeo è stata eletta al primo turno con 458 voti a favore. In Italia, invece, i partiti continuano a lasciarsi guidare dal moto ondoso che sta travolgendo l’intero Paese. Il centro inteso come “polo moderato” è ancora un luogo cruciale della politica italiana. Soprattutto adesso.
Il problema è che più che governarne la realtà, appare come luogo immaginario. Sarà che per mezzo secolo il Paese è stato democristiano, ma non appena si apre il cantiere delle grandi manovre politiche c’è sempre chi riesuma “centri di gravità” e riannoda i fili del passato. Però non è un caso, in quanto ciò accade proprio perché si sente il bisogno, forse, di quell’atmosfera, senza dubbio più pacata e mite, che distingueva la politica passata.
Il tema centrista è sembrato ultimamente tornato di grande attualità, tant’è che diversi personaggi politici stanno nuovamente discutendo sulla possibilità di una forza di interposizione che metta al riparo dagli opposti radicalismi. Quello a destra, rappresentato da Salvini e Meloni, è ritenuto eccessivo a volte perfino da Berlusconi. A sinistra, invece, quello del Pd costretto e quasi avvinto al legame con i 5 stelle ed Art. Uno, fondato nel 2017.
Il dato certo è che è proprio la delusione per gli esiti della seconda e della terza Repubblica legittima la ricerca di qualcosa di nuovo, che non s’è ancora trovato. La crescita dell’astensionismo, presente un po’ dappertutto, conferma la stanchezza dell’elettorato verso i binari politici attuali che si stanno percorrendo con stanchezza e nevrosi.
La continua lotta interna tra FdI e Lega, confermano solo frenesia per il potere. Dal versante opposto, invece, si percepisce esclusivamente la volontà di rimanere in equilibrio. Mancano entusiasmo e dinamicità. In ogni caso il buon risultato di Calenda a Roma, alle amministrative, nonché di Renzi alle suppletive della Capitale, sembra dire che ora quello spazio si va allargando.
In altre parole la domanda di centro appare forte. Ed é la risposta che, semmai, appare più debole. Infatti in attesa di conoscere la nuova Legge Elettorale, se mai ci sarà, le diverse componenti che dovrebbero dar vita a un nuovo progetto sembrano faticare ad unirsi e a fare fronte comune.
Solo il sistema proporzionale potrebbe realmente rimescolare le carte ma, paradosso storico, questo metodo fa paura a tanti. Mentre quel che resta del ceto politico, un tempo democristiano appare a sua volta disfatto e non più in grado di prendere iniziative capaci di determinare nuovi risvolti politici degni di nota. Insomma il passato e passato e qualche rigurgito non “fa primavera”.
E’ comunque proprio l’eccesso di individualismo che rende assai difficoltosa e quasi improbabile la costruzione di un nuovo soggetto. Infatti oggi i partiti si nutrono del culto dei loro leader e mal sopportano anche solo l’idea di una minima dialettica al loro interno.
Ma il centro avrebbe senso solo se fosse capace di violare questo tabù e invece di consegnarsi ad un capo baldanzoso, fosse in grado di offrire un diverso modello di guida rispetto a quelli che da un po’ di tempo vanno per la maggiore. Certamente i tempi sono cambiati e questo tipo di politica, fin troppo tranquilla, non è più ricercata. Ma ce n’è bisogno.
I social concorrono a renderla insofferente, ma resta il fatto che una forza intermedia dovrebbe sottrarsi al modello politico attuale, per essere convincente. Fra non molto si voterà per il Quirinale. Ma é l’aria stagnante che si respira ad allarmare tra l’indifferenza generale e contesti sociali sempre più degradati.