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I partiti piangono miseria: gli italiani non cacciano più un euro. Altro che 2×1000

Il Pd ricava più di tutti ma anche per i democratici la strada è in salita. Il M5s non accetta contributi mentre gli altri fra 2×1000 e 8×1000 fanno davvero la fame. Quest’anno gli italiani hanno pagato ancora meno per la politica ed è probabile che negli anni a venire chiudano le borse. Perché poi dovrebbero pagare per ottenere un fico secco?

Roma – La politica costa. Costano i partiti e le organizzazioni che ci sono dietro. E ci vogliono tanti soldi affinché si possano pagare stipendi a dipendenti e collaboratori. E’ finita l’epoca dei volontari, degli iscritti e simpatizzanti che prestavano la loro opera nelle sezioni e federazioni per passione e spirito di sacrificio. Senza soldi non si fanno campagne elettorali e, soprattutto, non si vincono.

Nel tempo l’interesse ha preso il posto dellattivismo fattivo e gratuito cosi lentamente ma inesorabilmente tutto è cambiato. Almeno nella maggior parte dei casi. La trasformazione si è avuta anche attraverso le diverse forme di finanziamento dei partiti. Infatti nel 2020, con le dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2019, sono arrivati dai contribuenti italiani nelle casse dei partiti complessivamente 37,9 milioni di euro.

Una gran bella cifra che si è potuta raggiungere grazie ai 1,4 milioni di cittadini che hanno devoluto il 2×1000, per un importo medio di 13,80 euro. L’altra metà è giunta in cassa dalle 7.300 donazioni liberali, mediamente di 2.600 euro.

Questo piccolo numero di generosi finanziatori è probabilmente composto, in larga parte, da personaggi politici in carica, eletti ai vari livelli o inseriti nei quadri di sottogoverno, che versano al proprio partito una parte dell’indennità percepita. Lo conferma il fatto che l’incidenza dei donatori sul totale dei contribuenti cresce nettamente al crescere del reddito.

Forse la “passione” ha cambiato il proprio nome trasformandosi in “donazione“. Mentre prima era sufficiente iscriversi al partito e invitare amici e conoscenti a sottoscrivere le domande di adesione, oggi la musica è cambiata e senza soldi non c’è “onorevole” che sieda tra gli scranni.

In ogni caso si può calcolare che tra donazioni e 2‰, le scelte delle persone fisiche di finanziare i partiti nelle dichiarazioni 2020 sono costate all’Erario 23,8 milioni di euro. Il dato che si ricava, pertanto, è che la disaffezione dalla politica emerge anche dalle dichiarazioni dei redditi.

Sono pochissimi, infatti, gli italiani disposti a mettere mano al portafoglio per finanziare i partiti politici con le donazioni. Più numerosi, ma meno di quanti potrebbero essere, sono quelli che li sostengono, senza spendere un euro in più, facendoli finanziare indirettamente dallo Stato.

Insomma quando paga “Pantalone” è sempre meglio. In effetti solo il 3,3% dei contribuenti, in particolare, ha scelto di devolvere il 2×1000.

Poiché questa opzione, però, non comporta per il cittadino nessun costo aggiuntivo, il numero così esiguo di quanti la esercitano, tramite la dichiarazione dei redditi, potrebbe rappresentare un segno di sfiducia nei confronti del sistema partitico.

Un metro di paragone significativo è rappresentato a questo proposito dai 17 milioni di contribuenti che, invece, scelgono di devolvere l’8×1000 del loro reddito a organizzazioni di culto.

Confrontando i bilanci dei quattro principali partiti presenti in Parlamento, con l’esclusione del Movimento 5 Stelle, che non accetta contributi, risulta che il 44% dei loro proventi deriva dal 2‰ e il 43% dalle donazioni delle persone fisiche, sulle quali verosimilmente esse applicano la detrazione Irpef consentita.

La Lega per Salvini premier ed il Pd dipendono, sul versante economico, del tutto da questi fondi, che costituiscono, rispettivamente, il 98% e il 99% delle loro entrate. La percentuale per il centrodestra è, invece, al 78% per Fratelli d’Italia ed al 47% per Forza Italia. In ogni caso le preferenze maggiori, di quanti devolvono il 2×1000 nell’ambito del centrosinistra, vanno al Pd, con il 36%

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