Da tempo l’ex Premier era rimasto in dormi-veglia politico con la sua formazione composta da ciò che rimane del suo elettorato. Appena si è svegliato dal torpore, come di consueto, ha ingenerato divisioni e provocato il risveglio di vecchi rancori mai sopiti. Non l’avesse mai fatto: tutti i Dem sono passati all’attacco. E D’Alema batteva in ritirata.
Roma – Arieccolo. E’ tornato a far sentire la sua voce e, come al solito, ha provocato divisioni ed il risveglio di vecchi rancori. Nessuno stupore è Massimo D’Alema, di Articolo Uno. E’ fuori dal Parlamento, per non essere stato rieletto, ma i sassolini dalla scarpa se li vuole togliere lo stesso anche se sbaglia clamorosamente il momento, troppo a ridosso dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Nel suo intervento di fine anno D’Alema aveva definito il percorso delle Agorà volute da Enrico Letta “…Il modo migliore per arrivare ad una ricomposizione che appare necessaria fra i Dem e Articolo 1…”, la componente ex Pd che aveva lasciato il partito in rotta di collisione con la segreteria Renzi e di cui fanno parte anche Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza.
Insomma per D’Alema, considerato che il Pd è ormai guarito dalla terribile malattia renziana, si può tentare una nuova convivenza politica. Il processo di avvicinamento, per la verità, è già in atto con le Agorà, ma non è cosa semplice.
La formula per un’eventuale réunion è tutta da definire. L’intento era quello di presentare il progetto come il frutto di un percorso dal basso e non come una decisione verticistica.
Ma l’incursione dell’ex Premier “Massimo” ha determinato un evento tellurico di notevole entità. Insomma con l’augurio dalemiano si è fatto un notevole passo indietro e non pare proprio che attualmente ci siano i presupposti per la ricostruzione di una grande forza progressista.
D’altronde se Articolo Uno, sorto da un moto di sdegno ed ira, viaggia ultimo tra gli ultimi, prima o poi qualcosa doveva pur succedere e cambiare, almeno per chi si sente ancora un protagonista politico, anche se di un’altra era geologica. In ogni caso la folgorante intuizione di D’Alema ha offerto un grande assist al tanto odiato nemico.
Infatti Renzi in un post su Fb scrive “…D’Alema rientra nel Pd dicendo che chi lo ha portato al 40%, a fare le unioni civili, governato 17 regioni su 20, ad avere l’unico governo con la parità di genere, a creare più di un milione di posti di lavoro è un MALATO. Sono parole che si commentano da sole. Un pensiero a chi è malato davvero, magari nel letto di un ospedale. E un abbraccio a chi sognava il partito dei riformisti e si ritrova nel partito dei dalemiani…”.
Le parole di D’Alema hanno provocato non solo la reazione del leader di Italia Viva e il no degli ex renziani del partito, riuniti nella corrente di Base Riformista, ma anche quella, molto più manifesta e dura, dello stesso Letta che su Twitter ha bene evidenziato come la pensa “…Non vi è nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno…”. D’altronde cosa avrebbe potuto dire per mediare e stemperare le tante proteste interne al Pd e di Iv?
Per l‘ex capogruppo Dem al Senato ed esponente di punta di Base Riformista, Andrea Marcucci, non le manda certo a dire: “…D’Alema è un esperto di malattie – ha detto il senatore dei Democratici – avendone vissute e provocate molte fin dai tempi del Pci-Pds. Il Pd deve essere più ambizioso. La legislatura volge al termine e ci sono le condizioni per un congresso costituente dopo l’elezione del Capo dello Stato…”.
Secondo il coordinatore nazionale di Base Riformista, Alessandro Alfieri, l’ex premier avrebbe fatto bene a non aprire bocca: “…Le parole rozze di D’Alema guardano al passato e rimestano rancori mai sopiti – ha aggiunto Alfieri – Se questi sono i presupposti per ragionare su future evoluzioni del Partito Democratico, per noi semplicemente la questione non esiste…”.
Comunque stiano le cose il “redivivo“ D’Alema non è il problema ma solo il sintomo di una malattia tutta italiana, per cui gli attori sono sempre gli stessi, a destra come a sinistra.