La Dad ha fatto più danni del virus: studenti più ciucci e svogliati

Il Meridione supera in percentuali negative il Nord del Paese per quanto riguarda il fallimento della didattica a distanza. Nel Sud la metà degli studenti non raggiunge il minimo di competenze in italiano. In Campania il 73% è sotto il livello minimo in matematica. Solo la Provincia autonoma di Trento resta sopra la media. Una Caporetto bella e buona.

Da quando le vite del mondo intero sono state stravolte dal fottutissimo Coronavirus che con la sua stramaledetta pandemia ha frantumato i cabbasisi a tutti, abbiamo conosciuto parole che prima manco sapevamo esistessero. Una di queste è la “DAD” la didattica a distanza, venerata come un deus ex-machina e apparentemente dotata di virtù salvifiche. Apparentemente, appunto.

La pandemia e la Dad hanno fatto danni enormi sull’apprendimento dei ragazzi: uno su due è impreparato.

In sostanza la Dad avrebbe permesso agli studenti di “studiare” da casa senza perdere l’anno scolastico, connessione permettendo, “conoscenze tecniche” degli insegnanti permettendo (qui i ragazzi hanno molto da insegnarci) ammesso che tutti potessero permettersi un pc o un tablet a casa, e sempre che a casa ci fosse un posto dove studiare e magari uno per lo smart working di ciascun genitore!

Ma non è andata proprio così. Il recente Rapporto Invalsi (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione), evidenzia gli enormi danni che la DAD ha causato ai ragazzi.

Infatti alle scuole medie il 39% degli studenti risulta carente in italiano e il 45% in matematica. Alle superiori il dato è altrettanto grave: rispettivamente 44% e 51%.

Al contrario, la scuola elementare ha tenuto botta, riuscendo ad affrontare la pandemia con risultati pressoché identici a quelli riscontrati negli anni precedenti. Più o meno i risultati sono stati simili su tutto il territorio nazionale.

La quota di studenti sotto il livello minimo aumenta maggiormente tra gli studenti socialmente svantaggiati e fra gli immigrati. Sono 40mila i giovani che escono da scuola senza competenze, ovvero completamente impreparati. Secondo gli esperti la bocciatura è più funzionale all’organizzazione della scuola che alle competenze.

Da i dati emerge che gli studenti ripetenti continuano ad avere risultati negativi, il che dimostra che la bocciatura non è l’unica soluzione. E quando mai lo è stata?

I ricercatori hanno evidenziato aspetti problematici che nel ciclo secondario possono contribuire a determinare risultati molto diversi sia sul territorio nazionale che tra le scuole. Ancora una volta come fanalino di coda c’è il Mezzogiorno che primeggia: il Sud non è riuscito a garantire a tutti pari opportunità, con scontati effetti negativi nei gradi scolastici successivi.

In molte regioni del Meridione oltre la metà degli studenti non raggiunge il minimo di competenze in italiano. In Campania il 73% è sotto il livello minimo in matematica. Checché ne dica De Luca. Il calo è generalizzato in tutto il Paese, solo la Provincia autonoma di Trento resta sopra la media.

Il divario di istruzione tra Nord e Sud è dovuto anche alla poca crescita e allo spopolamento delle regionali meridionali.

Un dato su tutti assai significativo: la constatazione che una gran parte degli studenti terminano il loro ciclo scolastico senza avere competenze fondamentali. Ne deriva l’alto il rischio di avere scarse prospettive d’inserimento lavorativo, pressoché pari a coloro che hanno lasciato la scuola.

La presidente dell’Invalsi Annamaria Ajello ha affermato senza mezzi termini: “…Non è solo la scuola che deve farsi carico dell’incremento della povertà educativa ma sono urgenti interventi multidimensionali…”.

Annamaria Ajello

La politica in primis e le altre agenzie educative, famiglie, associazioni sportive e culturali, cooperative, centri ricreativi, insieme alla scuola devono coordinarsi in una maniera più efficace. La scuola, da sola, rischia di fallire la sua mission.

Anche l’approccio culturale deve mutare. Molti, ad esempio, possono essere sì promossi e “salvare” l’anno scolastico ma rischiano di non avere acquisizioni salde e di trascinarsi lacune per tutta la vita. E’ un tasto dolente, certo, ma bisogna puntare a competenze forti, non accontentarsi solo dell’infarinatura tanto per farla franca.

Tutto questo deve indurre ad una riflessione profonda. La popolazione dovrà crescere sul piano culturale in quanto le competenze di base non sono sufficienti per competere sul mercato del lavoro.

La scuola ha il compito di insegnare il gusto di imparare, nutrire di conoscenze chi è in fase di crescita utilizzando tutti gli strumenti a disposizione per evitare il danno motivazionale, spesso irreparabile.

Abbandonando gli studenti più fragili a loro stessi, questi sono destinati ad essere cittadini di “serie B“. Ma ce lo vogliamo ricordare che i giovani sono il nostro futuro?

Alla conta dei fatti la Dad, più che didattica a distanza, si è rivelata “dispersione a distanza“. Una differenza non da poco.          

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