Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. L’occhio dell’Europa è su di noi e sui soldi che spenderemo. Ricordando che non sono regali quelli che sembrano cadano a pioggia ma prestiti. Che dovremo ben spendere e poi restituire. Insomma ne abbiamo bisogno e va bene am riusciremo a varare le riforme salva-Paese? Da come siamo messi la strada è in salita.
Nello scorso mese di agosto la Commissione Europea ha staccato un maxi assegno, sulla fiducia, a favore dell’Italia. Oltre 24 miliardi di euro, come anticipo del 13% sui 191,5 miliardi del totale assegnato al nostro Paese fino al 2026. Non si tratta di un gentile omaggio, ma l’assegnazione di queste risorse ci impegna al rispetto di alcuni paletti, che ci vincoleranno al rispetto di tempi e scadenze.
In base all’articolo 24 del Regolamento UE 2021/241: dopo l’avvio dei progetti e degli investimenti finanziati dall’RRF – Recovery and Resilience Facility, fondo per riforme e investimenti intrapresi dagli Stati membri al fine di attenuare l’impatto sociale ed economico della pandemia – possono essere fatte richieste di contributi finanziari due volte all’anno.
Quest’ultime devono essere motivate e sottoposte al raggiungimento degli obiettivi fissati nel PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – e valutate dalla Commissione. Entro fine anno, quindi, l’Europa svolgerà una prima verifica sui compiti assegnatici, prima di aprire il portafoglio.
Valdis Dombrovskis Ursula Von Der Leyen e Mario Draghi
Lo ha ribadito, senza ombra di dubbi, Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Europea: “…Ci aspettiamo richieste di elargizioni finanziarie da Spagna, Grecia, Francia, Italia, Danimarca e Slovacchia, previa verifica del rispetto degli obiettivi prefissati. Questi finanziamenti, con molta probabilità, saranno erogati all’Italia per un ammontare di 25 miliardi dal Next Generation Eu (NGEU) nel mese di dicembre…”.
Il NGEU, conosciuto in Italia con il nome informale di Recovery Fund (il Recovery Plan è il nome con cui viene comunemente chiamato il Piano Nazionale di ripresa e resilienza–Pnnr) è un fondo da 750 miliardi di euro approvato nel luglio del 2020 dal Consiglio Europeo per sostenere gli Stati membri colpiti dalla pandemia. Il fondo copre gli anni 2021-2023 ed è vincolato al bilancio 2021-2027 dell’UE.
L’ammontare del sostegno economico-finanziario raggiungerà la ragguardevole cifra di 1.824,3 miliardi di euro. Gli obiettivi da raggiungere entro dicembre 2021 sono ben 51 e la Commissione Europea valuterà se abbiamo svolto bene i nostri compiti, come scolaretti, nella speranza di non essersi comportati come perfidi monelli. Non solo, saranno verificati anche quali sono stati raggiunti.
Com’è tipico degli italiani si è innescata una corsa contro il tempo, per fare le cose all’ultimo momento utile, nella speranza di farcela in extremis, o come si dice, al 90° minuto, tanto per utilizzare il gergo calcistico. Dei 51 obiettivi stabiliti, ne mancherebbero 42, di cui 24 sono riforme.
Gli obiettivi da raggiungere, ormai li conosciamo a menadito, quasi come una filastrocca, non sono pochi e tutti vitali per il nostro Paese. Ne elenchiamo alcuni, tanto per ricordarci di che morte dobbiamo morire: programmazione e attivazione degli investimenti; sviluppo sostenibile, digitalizzazione e innovazione; riduzione dei divari nell’ascensore sociale e delle diseguaglianze; transizione ecologia e digitale; creazione di nuova occupazione e miglioramento della qualità del lavoro e dei servizi di cittadinanza, a partire da salute ed istruzione; infrastrutture per una mobilità sostenibile.
Inoltre sappiamo benissimo che la bassa crescita è dovuta a fattori strutturali, quali la dinamica demografica declinante, il basso tasso di natalità, la ridotta dimensione media delle imprese, l’insufficiente competitività del sistema-Paese, l’elevato debito pubblico.
Sulla ridotta dimensione delle imprese c’è da sottolineare che, secondo uno studio di Deloitte, società di consulenza, servizi e revisione, con sede a Londra, 3 piccole-medie imprese su 4 hanno resistito alla crisi generata dalla pandemia. E in alcuni settori del Made in Italy, come ad esempio il calzaturiero, già in passato, sono state capaci di essere all’avanguardia per quanto riguarda le innovazioni di processo e di prodotto.
Comunque l’elenco dei 51 obiettivi da raggiungere sono sembrati simili alle buone intenzioni che si enunciavano nella lettera di Natale che si scriveva ai genitori, in cui si prometteva di essere più buono, più bravo e più studioso. Promesse da marinaio, puntualmente disattese. Faremo anche noi i marinai con l’UE? Non ce lo possiamo permettere.