Salvini più forte in casa, ma chi comanda la truppa è Draghi

Il Premier è solo nella corsa verso le riforme. I partiti? Sono solo orpelli che non fanno altro che lamentarsi e pensare a tutto tranne che alle esigenze dei cittadini. All’orizzonte una nuova alleanza giallo-verde per contrastare Renzi? E dove sta la novità? Intanto le piazze sono in fermento e monta la protesta anti Green pass.

Roma – Aria di “traccheggi” e cospirazioni tra due ministri “carbonari”. Il luogo dell’incontro è una pizzeria di Roma, la location interna è un tavolo apparecchiato e due boccali di birra, in mezzo una “capricciosa” calda da dividere in due. Chi sono i commensali? Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti che, lontano da occhi indiscreti, si fa per dire, affrontano la spinosa vicenda del Quirinale e soprattutto quella della Rai.

Una pizza e tutto passa…

Entrambi, però, tentano di esaminare con realtà la difficile situazione parlamentare ed il disagio di molti deputati per le aspettative frustrate, che vedono ridotte al lumicino le proprie speranze di rielezione.

I fattori di incertezza sulla scelta del prossimo Presidente della Repubblica sono troppi. Infatti con interi gruppi parlamentari senza controllo, con un orizzonte di solo un anno di legislatura, prevedere qualcosa di buono è assai difficile. Dunque meglio mettere in piedi una nuova coalizione giallo-verde per non farsi trovare impreparati da Renzi?

Tira aria pesante all’interno dei due schieramenti. Nel M5s, tra defenestrazioni ed abbandoni, quelli che lasciano sono molti di più di quelli che aderiscono. Intanto Mariolina Castellone sostituisce Ettore Licheri e diventa la capogruppo del M5s al Senato. Ma non sarà l’unica sostituzione.

Mariolina Castellone

La Lega da partito monolitico si trasforma in uno schieramento ancora più granitico ed impermeabile ad ogni insurrezione interna che abbia il “l’odore inebriante” della libertà di espressione. Infatti da un attacco pubblico, come ha fatto Giorgetti più volte, la questione è diventata, politicamente, sostanziale.

Tant’è che molti militanti non nascondono la propria amarezza davanti alla frattura che si è aperta tra Salvini ed il “suo” ministro mentre la maggioranza dei militanti accoglie benevola la boccata di ossigeno democratico che si comincia a respirare all’interno di un “Carroccio” dove nessuno osava appellarsi alle decisioni di Capitan Matteo.

Si comprende chiaramente che Giorgetti ha un piano preciso ma il segretario è un osso duro che, però, avverte a distanza le insidie del pessimo clima interno che dilaga nel partito leghista. Perfino il Consiglio federale della Lega si è riunito in pompa magna per commentare le dichiarazioni del loro ministro, con la scusa di parlare di tasse, lavoro ed immigrazione. Un modo come un altro per mettere in croce il buon Giorgetti.

Capitano Matteo

O, forse, una genialata mirata a diffondere il carisma del capo, oppure solo un gesto di malcelata potenza, con cui si vuole dimostrare che Salvini è riuscito, ancora una volta, a sottomettere il suo plenipotenziario in Consiglio dei Ministri.

Certamente molte persone al posto di Giorgetti si sentirebbero già al culmine della carriera politica. Da ministro dello Sviluppo Economico e da vice segretario federale del partito il bocconiano di Cazzago Brabbia è ormai così potente da provocare un terremoto politico per aver semplicemente riferito quelle quattro chiacchiere per altro riferite dal buon Bruno Vespa, scritte nel suo ultimo libro e furbescamente gettate in pasto ai media.

Insomma una vera e propria commedia che è servita soltanto ad evidenziare l’indiscussa leadership di Matteo Salvini che ne esce rinforzata. Alla fine tutti contenti. In primis lo stesso Salvini che ha mostrato ancora una volta i muscoli affermando che il Comandante “sente tutti, ma decide solo lui”.

Ma è andata bene anche a Giorgetti che non ha perduto occasione per rimarcare la sua fedeltà alla causa dimostrando lealtà e coerenza. E che dire di Bruno Vespa? E’ andata benone anche per lui che venderà, come al solito, una caterva di libri per Natale.

Intanto Mario Draghi ha individuato la strada da percorrere per portare a casa le riforme, superando le inerzie dei partiti in primis quelle proprio della Lega. Il Premier ha cercato un compromesso, necessario ad un Governo di larghe intese, e lo ha trovato. Il risultato? L’approvazione del Ddl sulla Concorrenza. Un provvedimento atteso da tempo considerando che l’ultimo atto legislativo risale al 2017. Scusateci se è poco.

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