E' ancora lunga e insidiosa la strada che porterà alla nascita del nuovo governo. Quello che appare scontato potrebbe rivelarsi l'esatto opposto. C'è voglia di lasciare le cose come stanno perché le novità spaventano. Specie Pd e M5S.
Roma – Giornate convulse alla ricerca di un accordo di programma che faccia decollare un futuro governo e che vedrà notevoli cambiamenti al proprio interno. Dalle consultazioni è emersa la disponibilità della maggioranza di proseguire il cammino interrotto a causa della crisi determinata dalle dimissioni dei ministri di Italia Viva.
A parole le dichiarazioni d’intenti dei leader sono tutte espresse in senso costruttivo, basate sulla ricerca comune di un confronto sul programma e sui temi, per arrivare a una sintesi.
Rimane, però, l’incognita di gran parte dei grillini, contrari ad un accordo con Renzi, anche se le dichiarazioni ufficiali sono di ben altro tenore. Al di là di ogni legittima contrarietà, il cambio di “corso” dei 5Stelle permette di comprendere come il movimento-partito si stia adeguando ai nuovi risvolti politici.
Infatti Grillo e Casaleggio tacciono ed è un silenzio molto rumoroso, che la dice lunga sul travaglio interno ed il traguardo che intendono raggiungere, nonostante il pericolo di una debacle parlamentare.
In effetti il nuovo gruppo dei “responsabili” potrà avere un “palcoscenico” solamente se riusciranno a colmare assenze e defezioni, anche dei grillini, al momento della fiducia al nuovo governo. Il tavolo avrà necessariamente tempi stretti, in vista della scadenza di oggi, quando il Presidente della Camera dovrà tornare al Quirinale per consegnare le proprie conclusioni su un percorso ancora irto di ostacoli e diffidenze.
Le incognite sono molteplici, compreso il nome di Conte, per quanto la maggioranza (tranne Iv, più defilata) faccia quadrato attorno al premier dimissionario. In ogni caso le voci su Mario Draghi, fino a un anno fa presidente della Bce, sono cresciute a tal punto da costringere il Quirinale a precisare che la notizia di una chiamata dell’economista da parte di Mattarella sarebbe priva di fondamento.
Secondo alcune interpretazioni dei soliti bene informati si tratterebbe di una voce alimentata ad arte, per spingere le parti a chiudere su un governo di natura politica e non “tecnica”. L’unica certezza, al momento, è che il “no” al Mes, cioè i circa 37 miliardi di potenziali fondi europei vincolati alle spese sanitarie post-pandemia, non verrà messo in discussione.
Su questo argomento, definito come “fondo Salva Stati“, la trattativa non ha ragione di esistere, per volontà del M5S. Il motivo è che se si dovesse attivare comunque la contrattazione, il gruppo dei grillini insorgerebbe ed esploderebbe definitivamente. Nessun negoziato dunque, anche se Iv insiste per inserirlo nel crono-programma.
Anche la questione del reddito di cittadinanza, se fosse posta sul tavolo, sarebbe un nodo che rischia di essere una pietra tombale sull’intesa. Su tutto il resto: dal Piano di rilancio alla campagna vaccinale e dalla legge elettorale alla giustizia, il confronto è aperto e possibile.
Nulla è scontato fino al momento in cui Fico sarà salito al Quirinale. Il problema non è da poco. All’incontro, convocato nella sala della Lupa a Montecitorio e introdotto da Fico, partecipano una quindicina di persone, tra questi i capigruppo di M5S Davide Crippa ed Ettore Licheri, quelli del Pd Graziano Delrio e Andrea Marcucci, per Italia Viva i capigruppo Maria Elena Boschi e Davide Faraone, per Liberi e Uguali Federico Fornaro e Loredana De Petris, per “Europeisti – Maie – Centro Democratico” del Senato i senatori Raffaele Fantetti e Maurizio Buccarella, per il gruppo delle Autonomie del Senato Albert Laniece e Gianclaudio Bressa, infine Bruno Tabacci ed Antonio Tasso per il Maie alla Camera.
Con l’apertura del tavolo tecnico Roberto Fico cerca di sciogliere i nodi programmatici che dividono la maggioranza di governo e di facilitare la strada per il Conte ter. Tuttavia non è facile, soprattutto per i renziani, accettare un terzo ritorno di Conte.
Sebbene non si siano fatti nomi, sono molti i temi che dividono i partiti della maggioranza del fu Conte bis. Se l’esplorazione fallisse ed Iv tenesse duro sul “no” a Conte e gli altri partiti facessero quadrato sulla chiusura ad altri premier, tutti tornerebbero a scommettere sull’ipotesi di un esecutivo con una maggioranza più ampia e un premier tecnico.
Due sono, ovviamente, le variabili: la prima è l’ampiezza della maggioranza, che va da Ursula, spaziando dal M5S a Fi a quella delle larghe intese e che si avventura fino a un sostegno diretto o indiretto della Lega, la seconda è legata al nome di chi potrebbe guidarla.
Ad un allargamento della maggioranza hanno aperto, in ogni caso, sia Renzi che Silvio Berlusconi. I contatti tra i due partiti sono costanti. Tuttavia mentre Matteo Salvini ribadisce la richiesta di elezioni, Luigi Zanda del Pd spiega che sia i Dem che i 5Stelle puntano tutto su un Conte-ter e non ipotizzano, pertanto, un eventuale fallimento.
Oggi finalmente sapremo cosa avrà deciso il Presidente della Repubblica.
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