Molta carne al fuoco crea divergenze, false aspettative e tempi più lunghi per l’approvazione delle leggi. Il Governo Draghi si sta misurando su più fronti e i problemi sono tanti e tali che tutte le proposte proseguono a rilento. Fisco, Giustizia e Appalti sono i temi più caldi anche perché gli interessi in gioco sono molteplici. Gli italiani attendono che qualcuno si accorga dei loro problemi che sono tanti.
Roma _ La strada per le riforme è in salita. Fisco, concorrenza e appalti, sono passaggi chiave decisivi per l’attuazione del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” dell’Italia, che rischiano di diventare le spine nel fianco dell’Esecutivo in un passaggio parlamentare che non si annuncia semplice.
Il primo scoglio è stato superato a metà febbraio, quando il Consiglio dei Ministri aveva approvato l’emendamento al Disegno di Legge Concorrenza sulla modalità di affidamento delle concessioni demaniali.
Per il comparto balneare, da sempre negli interessi politici di Lega e Forza Italia, è previsto che le concessioni in essere continuino ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023, per poi passare al sistema delle gare. In ogni caso il termine per la presentazione degli emendamenti e subemendamenti al testo del Governo è stato fissato per lunedì 14 marzo.
La Commissione tornerà ad ascoltare molto probabilmente le associazioni dei balneari, anche perché la categoria preme vedendo la bella stagione avvicinarsi sempre di più. Ma la stessa maggioranza rischia di mettere in difficoltà l’Esecutivo, mentre in ballo ci sono i 191 miliardi di euro messi sul tavolo dall’Europa per la “famosa” ripartenza dopo la pandemia, 69 dei quali a fondo perduto.
Sul fronte fisco, intanto, si è consumata l’ennesima spaccatura nella maggioranza in Commissione Finanze sulla riforma del Catasto, su cui il Governo aveva posto l’aut aut e che è stata salvata per un solo voto di differenza.
Il percorso è ancora lungo, la Commissione infatti ricomincerà a votare gli emendamenti la prossima settimana e c’è chi teme un nuovo incidente.
Anche il tema appalti è un argomento spinoso. Proprio “la Delega per la riforma del Codice degli Appalti Pubblici” andrà approvata entro il 30 giugno 2022, mentre per l’entrata in vigore dei relativi decreti legislativi è previsto il termine del 30 marzo 2023. Uno scadenziario irto di difficoltà.
Le tensioni tra i partiti, peraltro, stanno rallentando l’iter del provvedimento tanto che non viene escluso un rinvio del primo esame del provvedimento. Tra i punti decisivi per il “tagliando europeo” che serve a ottenere i fondi del Recovery, c’è anche il tema giustizia, nodo che potrebbe creare ulteriori scossoni alla tenuta dell’Esecutivo.
In particolare, la riforma del Csm e, nel dettaglio, il sistema di voto dei giudici che andranno a comporre l’organo di autogoverno dei magistrati. L’attuale Csm scadrà a settembre e l’obiettivo rimane quello di arrivare entro l’estate con una nuova legge elettorale per la scelta dei togati.
Il progetto Cartabia pare sia approdato in Commissione Giustizia a Montecitorio solo pochi giorni fa. Anche qui l’obiettivo dell’Esecutivo è una approvazione rapida, proprio per evitare la tentazione di alcune forze politiche che potrebbero cavalcare l’onda dei referendum, approvati dalla Consulta, per superare la riforma voluta dal Governo. Consultazione elettorale che potrebbe svolgersi proprio in concomitanza dell’esame della riforma da parte del Parlamento. Un ulteriore nodo da sciogliere, dunque, al più presto.
Intanto Lega e Forza Italia hanno già preannunciato modifiche al testo sulla Legge elettorale dei giudici. D’altronde nulla è facile quando si tratta di tematiche sensibili, per le quali i partiti si sono spesi in maniera cospicua.
Il sorteggio temperato, proposto dalle due forze del centrodestra, ovvero il metodo elettorale con cui si individuano i candidati a seguito di sorteggio tra tutti i magistrati, è un emendamento che già sta dividendo e creando allarme per la tenuta della maggioranza e del Governo. Ipotesi su cui è arrivato prontamente il no della Guardasigilli, poiché ritenuto in contrasto con la Costituzione.
L’allarme è stato lanciato dal Pd. Secondo i Dem riproporre il sorteggio temperato per l’elezione del Csm significherebbe ripartire da zero. Occorre evitare, dunque, di continuare ad alzare l’asticella.