E’ il magistrato che più di tutti ha segnato la svolta nella lotta contro la mafia. Una svolta talmente radicale da decretare la sua condanna a morte. Oggi abbiamo tutti il dovere di ricordarlo nella certezza che combattere la criminalità organizzata significa assicurare un futuro di certezze al nostro Paese.
Palermo – Giovanni Falcone è un eroe moderno. Molto più di certi calciatori che popolano le fantasie dei tifosi di tutto il mondo e percepiscono ingaggi milionari. Ci sono uomini che trascorrono la vita nell’anonimato, accettando un’esistenza tranquilla e sempre uguale, consapevoli di subire il corso degli eventi senza fare nulla per cambiarlo. Così non possiamo dire per Giovanni Falcone che ha provato davvero a “cambiare le cose” e nel momento in cui era in procinto di riuscirci è stato brutalmente eliminato dalla mafia e da chi gli remava contro.
Falcone raggiunge la notorietà quando interroga Tommaso Buscetta, il primo grande pentito di mafia, che gli racconta i segreti di “Cosa Nostra“ e lo aiuta a fare chiarezza in un mondo sino ad allora poco conosciuto e pieno di misteri non solo per il comune cittadino ma anche per la stessa magistratura.
E’ grazie a Falcone che viene creata la DIA ovvero la Direzione Investigativa Antimafia che si struttura capillarmente sul territorio nazionale per combattere un fenomeno criminale che nella seconda metà del novecento ha dettato il bello e il cattivo tempo nel nostro Bel Paese.
Le Procure non erano attrezzate per arginare e limitare la mafia con le sue ramificazioni territoriali e devono dire quindi grazie al magistrato palermitano e al suo collega Paolo Borsellino se i risultati raggiunti hanno di gran lunga superato le previsioni.
“…Un uomo che ha sacrificato la sua vita per senso del dovere e soprattutto dello Stato; un uomo che conosceva in anticipo il suo destino…” come ci racconta il regista Giuseppe Ferrara che immagina Falcone mentre dialoga metaforicamente con la morte che incombeva minacciosa nella quotidianità della sua esistenza.
Un uomo che ha vissuto sempre da solo, per preparare i processi contro i boss di Cosa Nostra e svolgere al meglio il lavoro che aveva scelto, nella consapevolezza che una vita siffatta non poteva essere divisa con troppe persone ma richiedeva impegno e dedizione assoluti, anche quando questo voleva dire sacrificare affetti e sentimenti.
Un uomo che aveva debolezze come tutti se vogliamo prestare fede all’autobiografia di Ilda Boccassini che parla della “storia“ tra lei e il magistrato siciliano che però rimase sino alla fine dei suoi giorni con la moglie Francesca Morvillo, anche lei morta con gli uomini della scorta nella strage di Capaci.
E se oggi, come sembra, un altro film racconterà la vita e le “imprese” di Giovanni Falcone che ben venga. Perché gli eroi non muoiono mai e noi tutti abbiamo il dovere di ricordarli ogni giorno. Dieci, cento, mille Falcone.