Addio Foresta Amazzonica. Senza di te ci mancherà l’aria

L’uomo ha fatto di tutto e c’è riuscito a distruggere il più grande polmone verde della terra che si trasformerà in savana. Aumenterà a dismisura l’anidride carbonica e non c’è verso di bloccare questa evoluzione nefasta. E qualora tentassimo di bloccarne il processo provocheremmo soltanto un’accelerazione della distruzione.

Roma _ Il tragico destino della Foresta Amazzonica è, ormai, segnato dal devastante comportamento dell’uomo. Le esequie sono prossime. Infatti quello che è considerato il polmone verde del Pianeta sta per trasformarsi in una savana, privo della capacità di ripulire la CO2, l’anidride carbonica.

La lenta agonia della Foresta Amazzonica: ogni minuto perde un’area come tre campi di calcio.

La savana è un bioma terrestre, ovvero un’ampia porzione di biosfera, soprattutto subtropicale e tropicale, caratterizzato da una stagione secca e una umida. Si comprende l’importanza della biosfera dalla sua definizione, cioè l’insieme delle zone della Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita. Ecco come siamo riusciti a danneggiare finanche il polmone verde del Pianeta, una delle poche zone rimaste incontaminate dall’uomo.

Ma deforestazione, incendi, perdita di suolo, inquinamento l’hanno portata alla sua quasi scomparsa. L’ambiente biologicamente ricco e prospero si sta trasformando in savana erbosa. Questo fatto ha provocato già effetti deleteri sulle specie animali che popolano la Foresta Amazzonica.

Amazzonia, la foresta vicina ad un irreversibile punto di non ritorno (Foto Mark Edward WWF).

Per gli scienziati circa tre quarti della foresta pluviale, caratterizzata da elevata piovosità, sta mostrando perdita di resilienza. Nel senso che gli alberi, il sottobosco e il terreno hanno una capacità inferiore di recuperare se avvengono fenomeni come siccità, disboscamento, grandi e piccoli incendi.

Per comprendere meglio quello che è avvenuto immaginiamo che le difese immunitarie dell’uomo si siano abbassate a tal punto che ogni agente esterno potrebbe risultare pericoloso. E’ un fenomeno la cui conoscenza non è recente, anzi.

Gli studiosi negli ultimi venti anni hanno osservato ogni mese i dati satellitari. Hanno mappato la biomassa, la materia organica generata dalle piante e dagli animali che, appositamente trattata, può essere utilizzata come biocombustibile nelle centrali elettriche.

Gli incendi che devastano l’Amazzonia sono visibili dallo Spazio, come mostra questa foto della NASA.

Inoltre è stato mappato anche il verde della foresta. In questo modo si sa cosa è cambiato in risposta alle condizioni meteorologiche e alla crisi climatica. L’abbassamento del livello di resilienza non è giunto all’improvviso. E’ cominciato agli inizi degli anni 2000 e rappresenta la manifestazione esplicita di un declino inesorabile.

Attualmente gli scienziati non sanno con sicurezza quando succederà la trasformazione da foresta pluviale a savana. Sono certi, però, che accadrà. L’aspetto più drammatico è che, una volta innescatosi il processo, non si può fare nulla per cercare di fermarlo. Sarebbe troppo pericoloso, accelereremmo soltanto la fine della foresta pluviale.

Chantelle Burton

Chantelle Burton, scienziata del clima al Met Office Hadley Centre, uno dei centri di ricerca sui cambiamenti climatici più importanti del Regno Unito, ha dichiarato come stanno le cose:

“…Questo studio dimostra chiaramente una cosa che sta succedendo da anni – ha detto la studiosa – Lo sfruttamento del suolo da parte dell’uomo e i cambiamenti climatici indotti sempre dall’uomo stanno già guidando un importante cambiamento dell’ecosistema. Ma in questo caso la soluzione è molto semplice: fermare la deforestazione e tagliare significativamente il livello di emissioni…”.

Quindi la perdita di resilienza è più evidente nelle zone prossime all’attività umana ed in quelle con meno precipitazioni. La foresta pluviale è dunque vitale per la salute del Pianeta. E’ ricca, infatti, di un ecosistema unico di piante e animali, ripulisce l’aria immagazzinando un’enorme quantità di anidride carbonica e agisce sui comportamenti del clima.

Timothy Lenton

A conferma del suo valore, Timothy Lenton, direttore del Global Systems Institute dell’Università di Exeter, Regno Unito ha asserito senza mezzi termini:

“…Perdere la Foresta Amazzonica avrebbe un impatto significativo sul cambiamento climatico globale – ha concluso lo scienziato – perderemmo la capacità di immagazzinare circa 90 miliardi di tonnellate di anidride carbonica soprattutto negli alberi ma anche nel suolo. Superare il punto in cui la foresta pluviale diventa savana renderebbe ancora più difficile raggiungere il nostro obiettivo di emissioni zero a livello globale, perché perderemmo questo servizio gratuito fornito dalla Foresta pluviale Amazzonica che oggi rimuove parte delle nostre emissioni…”.

La Foresta Amazzonica in 10 anni ha person una superficie pari all’Italia. (Foto Nigel Dickinson WWF).

Ecco come siamo messi. Mentre la foresta lentamente muore, ha il sapore della beffa il nome che è stato dato al Piano di rilancio dell’economia dopo la pandemia ovvero, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Proprio noi dovremmo incoraggiare la resilienza quando abbiamo fatto di tutto per abbassare quella della Foresta Amazzonica?

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