Bene o male qualcosa di più chiaro si appalesa all’orizzonte della poltrona quirinalizia. Berlusconi, almeno, c’ha messo la faccia nonostante i suoi alleati si siano girati dall’altra parte più volte. Sulle elezioni anticipate meglio stendere un velo pietoso. Al momento c’è chi si deve ancora sistemare con vitalizio e pensione. Altro che risolvere i problemi degli italiani.
Roma – Ormai la politica s’interroga solo sull’eventualità delle elezioni anticipate e della partita a scacchi sulla scelta del successore di Mattarella. Nessuno però ritiene che si possa votare quest’anno. Al di là delle motivazioni di ordine economico, sociale e politico, la verità è che solo a settembre del 2022 i parlamentari, di prima legislatura, matureranno la “pensione”. Nell’interesse dei cittadini, naturalmente.
Se si considera che con la riduzione dei parlamentari, provvedimento fortemente voluto dai grillini e poi trasformato in legge, molti di questi non siederanno più fra gli scranni, ci si rende conto facilmente di quanti e quali ostacoli oggettivi si frapporrebbero alla possibilità del voto anticipato. Poi c’è anche una seconda circostanza che si pone come ostacolo al voto e sarebbe quella che il Presidente della Repubblica, appena eletto, dovrebbe sciogliere le Camere come primo atto dal suo insediamento. Una forzatura che potrebbe apparire come una delegittimazione per il nuovo inquilino del Colle.
Gli unici ad invocare seriamente il voto anticipato sono la base ed i vertici di FdI, per il semplice motivo che quasi tutti i parlamentari in forza al partito della Meloni sono eletti di “vecchio corso”. Ma le manfrine sembrano non finire mai. Infatti Berlusconi e Salvini ormai lo dicono apertamente e, addirittura, non credono alle elezioni anticipate neanche se Draghi salisse al Quirinale.
Dello stesso tenore anche le dichiarazioni di Giuseppe Conte, il quale ritiene che anche se l’attuale premier dovesse trasferirsi al Quirinale non sarebbe automatico andare alle elezioni politiche anticipate. Detto questo la politica, avendo ormai delegato funzioni e ruoli a Draghi, si concentra sulle strategie, anche aritmetiche, dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Il lavoro è tutto nel “backstage”. Per esempio nel centrodestra si cerca di capire come si potrebbe spedire Berlusconi al Quirinale. L’unico che si è reso disponibile e pronto a ricoprire il prestigioso incarico a tutt’oggi. Insomma una sorta di auto candidatura che potrebbe trasformarsi in bluff da un momento all’altro. Tentativi tra sogno e realtà. Salta, invece, il vertice di centrodestra che avrebbe dovuto sciogliere il nodo legato alla “vera” candidatura del Cavaliere al Quirinale.
Nei primi tre scrutini, com’é noto, serve la maggioranza qualificata dei grandi elettori e quindi sarebbe sbagliato bruciare subito il nome del leader di Forza Italia. Essendo la votazione segreta e, come insegnano i 101 franchi tiratori che impallinarono Romani Prodi, le trappole sono sempre dietro l’angolo.
Il piano top secret, che tanto segreto non è se ne stiamo parlando, sarebbe quello di votare all’inizio ogni partito del centrodestra un candidato di bandiera, probabilmente una donna, come la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Questa strategia potrebbe servire per contarsi e vedere se il fronte regge alla prova del voto segreto, in modo da capire, facendo una rapida somma, se ci sono i numeri per consentire non tanto a Berlusconi di salire al Quirinale quanto allo stesso personaggio che il leader mantiene riservato.
Fino a qui nulla di nuovo sotto il sole. Allora la partita si gioca con i parlamentari e “grandi elettori”, sia del centro, del gruppo misto, che del centrosinistra, compresi persino gli ex pentastellati. Il gioco appassionante permette così a tutti gli “Sherpa” di partito di passare tempo e serate nell’ascolto riservato dei tanti “peones”, considerati solo al momento delle votazioni.
Comunque l’importante è arrivare a maturare il vitalizio parlamentare dopo 4 anni, 6 mesi e 1 giorno. In ogni caso secondo gli ultimi sondaggi il Partito Democratico è ancora il primo partito italiano con il 21.6%. FdI insegue con il 20%. La Lega flette al 18.8%. Il M5s perde ancora terreno e scende al 13.7%. Scende FI con il 7.4%. Dopo la federazione tra Azione e +Europa il dato sale al 4.8%. Forza, siamo agli sgoccioli.