Sono davvero tanti i nostri connazionali sparsi per il pianeta. E la fuga si sarebbe rafforzata con la pandemia che ha polverizzato migliaia di posti di lavoro in specie nel settore turistico e gastronomico. Ma fra questi ci sono anche migliaia di professionisti che hanno preferito sfruttare lauree e specializzazioni all’estero, nell’impossibilità di farlo entro i nostri confini. L’immigrazione è destinata ad aumentare.
Roma – L’Italia riscopre l’emigrazione. A prima vista potrebbe sembrare che il Bel Paese sia vittima di una sorta di legge del contrappasso. Nel senso che finora negli ultimi decenni siamo stati considerati un territorio d’immigrazione per via dei tanti poveri cristi che sono sbarcati sui nostri litorali. Ora sta succedendo il contrario.
Al 1° Gennaio 2021 ben 5,6 milioni di italiani sono residenti all’estero, pari al 9,5% della popolazione, equivalente al numero di immigrati stabilmente residenti nel nostro Paese. Sono dati che emergono dalla XVI edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), l’assemblea permanente dei vescovi italiani. E’ l’unica Italia che cresce, quella che se ne va oltre confine ed è composta in maggioranza da giovani.
Tuttavia questo non è un fenomeno recente ma che parte da lontano, da più di un decennio fa. Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai dati: le iscrizioni all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’estero) da meno di cinque anni sono aumentate del 24,4%, quelle dopo i dieci del 127,8%. L’aspetto nuovo è che non è solo una fuga di cervelli, ma anche di addetti all’edilizia, al turismo, alla ristorazione rimasti senza lavoro.
Un’altra novità è che quasi il 70% emigrano dal centro-nord, con Lombardia e Veneto ai primi due posti. Circa l’80% ha scelto l’Europa. Il rapporto cerca di compiere un’analisi del fenomeno, anche in era Covid, degli italiani ufficiosamente all’estero. La gran parte di questi è risultata occupata nei settori legati al turismo e si sono trovati sommersi dall’emergenza sanitaria, che ad un certo punto è diventata una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
La pandemia ha praticamente cancellato con un colpo di spugna quasi tutti coloro che lavoravano in questo settore in quanto lavoratori con contratto a tempo determinato o, addirittura, in nero. Tant’è che le diverse Missioni Cattoliche italiane in molti Paesi europei sono riuscite ad offrire un aiuto concreto per chi si è trovato in condizioni difficoltose e di solitudine in pieno lockdown.
La scelta dell’Europa come meta preferita, probabilmente, è stata una sorta di strategia di contenimento dei rischi a cui si andava incontro e non solo per la possibilità di contrarre il virus, quanto piuttosto per le condizioni del sistema sanitario del luogo prescelto e delle indicazioni ivi adottate.
Non poteva mancare, in occasione della presentazione del Rapporto sugli italiani nel mondo, il messaggio del Presidente della Repubblica. Con i sui modi garbati, sobri, istituzionali, Mattarella ha espresso la sua vicinanza a quegli italiani che hanno deciso di togliere le tende dal suolo patrio:
“...La comunità di italo-discendenti nel mondo viene stimata in circa 180 milioni di persone – ha detto il capo dello Stato – a cui si aggiungono gli oltre sei milioni di cittadini italiani residenti all’estero. La portata umana, culturale e professionale di questa presenza è di valore inestimabile nell’ambito di quel soft-power che consente di collocare il nostro Paese tra quelli il cui modello di vita gode di maggiore attrazione e considerazione…”.
Il termine Soft Power è stato utilizzato per la prima volta dal professore statunitense Joseph Nye sul finire degli anni ’80.
Con questa locuzione si intende la capacità di un Governo di avere successo in ambito internazionale grazie all’uso di strumenti immateriali, ovvero le sue fondazioni, università, Chiese ed altre istituzioni della società civile. In contrapposizione, quindi, all’uso della forza politica, economica e militare, per diffondere la propria cultura, i propri valori ideali.
Con tutti gli emigranti italiani che sono sparsi in tutto il mondo dall’Unità d’Italia in poi, il nostro Soft Power, nell’accezione mattarelliana, si è talmente diffuso che potremmo essere considerati i conquistatori del globo.