In aumento l’indigenza. Altro che tutto bene

La Caritas ha fatto una chiara mappa della povertà nazionale e delle categorie più a rischio prima, durante e dopo la pandemia. Uno spaccato terribile della società italiana in cui la povertà è in forte aumento e non ci sono previsioni diverse. Le strutture deficitarie dello Stato sono tante e tali che non è possibile arginare il fenomeni dilaganti della miseria e del disagio sociale.

Roma – La povertà non cessa di crescere: è uno stillicidio continuo. Ogni rapporto che viene stilato sulle condizioni della nostra società non porta che informazioni drammatiche, aumentando le nostre preoccupazioni. E le incertezze per un futuro che si prospetta a tinte fosche.

E’ quanto si evince dal Rapporto Caritas 2020 (Ente confessionale della Conferenza Episcopale Italiana per la promozione della carità) “Gli anticorpi della solidarietà, su povertà ed esclusione sociale, pubblicato il 17 ottobre scorso in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà: una dolorosa fotografia dei devastanti effetti economici scaturiti dalla pandemia.

In nostro Paese ha subito una marcata flessione del Pil ed un forte calo dell’occupazione. Si è registrata, inoltre, un‘impennata degli inattivi, coloro che smettono di cercare lavoro e che sono potenziali soggetti a rischio per scorciatoie illegali. Sono emerse poi nuove povertà, figlie della recessione economica in atto.

Dal 2019 al 2020 l’incidenza dei nuovi poveri è passata dal 31% al 45%: una persona su due si è rivolta alla Caritas per la prima volta. In crescita il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani e delle persone in età lavorativa.

Questa crisi, secondo la Banca d’Italia, ha provocato una riduzione del reddito per la metà delle famiglie italiane, nonostante gli eventuali strumenti di sostegno al reddito. Si pensi che per il 15% il calo è di oltre la metà del reddito complessivo.

La Caritas, per comprendere il fenomeno nella sua complessità, ha realizzato tre monitoraggi nazionali: uno ad aprile in pieno lockdown, uno a giugno dopo la riapertura dei confini regionali e un altro a settembre dopo il periodo estivo.

Ebbene il primo coincide col blocco totale delle attività e con i cittadini costretti a restare a casa, dove si è pagato il prezzo più alto in termini di vittime di contagi e di crisi economica. Il secondo riguarda i mesi estivi, con la lenta ripresa.

Da sottolineare le attività di aiuto offerte sul territorio dalla Caritas. In particolare sul fronte dell’accompagnamento e orientamento rispetto alle misure del Decreto Cura Italia e Decreto Rilancio

In ben 136 Diocesi la Caritas ha attivato fondi dedicati, utili per le spese più urgenti e di prima necessità, soprattutto per i tanti piccoli commercianti e lavoratori autonomi.

C’è da sottolineare che per quanto concerne le misure di emergenza, per il 50,1% dei casi esaminati, i servizi offerti dalla Caritas sono stati la principale forma di aiuti e sostegno, concreto e psicologico durante il periodo emergenziale.

Sono state evidenziate le caratteristiche mutevoli della povertà, per le quali occorrono strumenti di comprensione e di intervento adeguate alle mutate condizioni. Secondo l’ente della Cei è necessario correlare i dati sulla povertà assoluta e relativa, con i dati sui percettori delle misure di contrasto; fare analisi nel lungo periodo per valutare le mutate condizioni delle persone in povertà e come su di esse incidano le misure delle autorità pubbliche.

Quindi considerare le misure di contrasto alla società in divenire, in modo da essere periodicamente aggiustate per adeguarsi e meglio rispondere alle trasformazioni in corso e per affrontare l’incertezza; captare i casi della povertà, eliminare le cause strutturali della stessa, della disuguaglianza sociale, della mancanza di lavoro e della casa, della negazione dei diritti sociali e lavorativi. In questo modo è possibile pensare ad un concreto cambiamento.

C’è da dire che le attività di aiuto e sostegno messe in campo dalla Caritas, se da un lato sono lodevoli e meritorie, dall’altro fanno emergere le immense lacune delle strutture statali sul territorio. E’ un dato di fatto che le istituzioni non riescono a soddisfare i bisogni di cittadini in difficoltà, non c’è da fare altro che dichiarare il fallimento dello Stato. Non ci resta che piangere. Altro che andrà tutto bene. 

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