ROMA – IL FLOP DEL REDDITOMETRO. EPPURE POTEVA FUNZIONARE.

Lo strumento di misurazione fiscale era utile e potrebbe tornare in auge se orientato verso la grande evasione che continua a farla franca a discapito dei soliti noti al Fisco.

Roma – Il redditometro è lo strumento che dovrebbe consentire all’amministrazione finanziaria di ricostruire  il reddito della persona fisica, partendo dalle spese effettivamente sostenute, o da elementi certi, indicativi di una determinata capacità di reddito. Però molto spesso sono state esagerate le valutazioni degli uffici finanziari così da incorrere in abnormi accertamenti, ridottisi alla fine ad esigue cifre. In pratica, con il redditometro, il reddito del contribuente deve essere compatibile con le spese da questi sostenute. L’accertamento del fisco, però, scatta soltanto nel caso in cui la differenza fra il reddito dichiarato e quello accertato sia superiore al 20%. La deliberazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello stato 2019 dimostra la totale scomparsa del redditometro dal bagaglio degli strumenti antievasione a disposizione del fisco italiano.

Troveremo modi alternativi per contare i soldi?

Nell’anno 2019, numeri alla mano, in tutta Italia sono stati emessi soltanto 1.850 accertamenti sintetici del reddito delle persone fisiche. Si tratta del dato più basso dal 1991, anno nel quale fu varato il redditometro per accertare sinteticamente il reddito delle persone fisiche residenti in Italia. Non è un male se si vuole instaurare un rapporto di fiducia tra contribuente e Agenzia delle Entrate. Diventa, invece, pericoloso quando si abbassa troppo la guardia in modo tale da fare supporre che la lotta all’evasione non è una priorità. È sempre difficile distinguere tra la percezione e realtà, infatti la sindrome del “tartassato” è in agguato.

L’uscita di scena del redditometro è peraltro rapidissima, basta pensare che nell’anno 2012, quando fu “pubblicizzato” il blitz della Guardia di Finanza a Cortina, il numero di accertamenti sintetici emessi dall’Agenzia delle Entrate era stato superiore alle 37 mila unità. Si potrebbe affermare che il redditometro è scomparso e gli evasori gongolano, ma sarebbe una parziale verità. Facile affermare che i contribuenti con elevato tenore di vita, rispetto ai redditi dichiarati, non interessano più al fisco italiano. Non è così. Però la percezione che si ha del fisco non sempre è uniforme e positiva, perché non risulta essere di grande utilità mantenere verso il cittadino/contribuente una eccessiva burocratizzazione del sistema, che ne confermerebbe potere e possibile corruzione. L’eccessiva burocrazia rallenta e indebolisce, sempre, ogni rapporto di fiducia, incrementando certi reati contro la pubblica amministrazione.

Totò e Aldo Fabrizzi nel film “I Tartassati”.

Di fronte a un tale scenario bisogna interrogarsi sui motivi di una tale sfiducia e del fallimento del sistema fiscale. Il problema è che a questa scomparsa del redditometro corrisponde anche un buco nei conti pubblici dovuto alle previsioni di gettito che allo stesso erano state attribuite nel recente passato. Così alla luce dei dati riportati, sempre secondo la relazione annuale della magistratura contabile, si deve rilevare come l’accertamento sintetico non sia sufficientemente valorizzato nella complessiva strategia dei controlli fiscali.

Il vero dato preoccupante che dovrebbe far riflettere sulla portata del “redditometro”, non è solo l’abbandono di tale strumento antievasione, ma che su ben 395 accertamenti effettuati nel 2019 (cioè oltre il 21% del totale) è emersa, solo, una maggiore imposta ricompresa tra 0 e 1.549 euro, in evidente contrasto con la natura stessa dell’accertamento sintetico. Infatti il presupposto per la sostenibilità dello strumento anti evasione è la rilevante divergenza che deve emergere tra il reddito dichiarato e quello sinteticamente accertato o accertabile.

Quando si dice buco nei conti pubblici…

Questi dati hanno dunque dell’incredibile. Così la scomparsa del redditometro non equivale, di fatto, ad una resa del fisco italiano di fronte ai contribuenti che dichiarano redditi assolutamente irrisori rispetto al tenore di vita e ai beni posseduti, ma solamente uno strumento inefficace, che forse non rappresenta la “svolta epocale” con il quale fu presentato. Continuare ad adottarlo, comunque, non sarebbe un male se si adottassero maggiori precauzioni nell’utilizzo. Eppure soltanto qualche anno fa lo strumento fu rivisto attraverso una profonda riscrittura dell’art. 38 del dpr 600/1973 a opera del dl n. 78/2010.

Si affermò, in quella occasione, che la revisione del redditometro era necessaria per renderlo ancora più penetrante ed al passo con i tempi e che l’utilizzo dei milioni di dati presenti nell’anagrafe tributaria avrebbero, nelle intenzioni del legislatore, consentito di intercettare ogni minima distorsione fra i tenori di vita e i redditi dichiarati. Comunque gli evasori, di grandi proporzioni patrimoniali, nel frattempo non sono certo diminuiti, mantenendo inalterato il proprio stile di vita. Solo nei grossi ed ingiustificati patrimoni mobiliari ed immobiliari si annidano le sacche di vera evasione.

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