Per una autentica transizione ecologica occorre produrre il meno possibile ed in maniera diversa. E’ la sola ancora di salvezza che ci rimane. Il resto sono soltanto chiacchiere che lasciano il tempo che trovano. All’orizzonte non si profila nulla di concreto.
Roma – Mentre i politici ad ogni grande evento blaterano di transizione ecologica e di sostenibilità ambientale i fatti, come sempre, smentiscono le loro fallaci dichiarazioni. Nel nostro Bel Paese le emissioni di gas serra, nell’anno appena trascorso, sono cresciute un bel po’ rispetto al 2020: siamo su una percentuale del 4,8% in più.
Non lo ha affermato un ambientalista dell’ultima ora ma lo ha asserito con modi perentori l’Ispra – Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale – che fa parte del Ministero della Transizione Ecologica. L’Istituto ha previsto per alcuni settori un incremento ancora più marcato delle emissioni di gas serra: ad esempio, per l’industria dell’8,4% e per i trasporti dell’11,1%.
Inoltre il dato sulle emissioni è stato messo in relazione con l’aumento del Prodotto Interno Lordo che nel 2021 è cresciuto molto rispetto al 2020 in cui, come sappiamo, c’è stato un decremento della crescita a causa del lockdown.
Lo studio dell’Ispra si è proposto di verificare la dissociazione tra attività economica ed incidenza sull’ambiente naturale. Gli esperti definiscono questo processo decoupling (trad. disaccoppiamento) che in pratica è la de-correlazione tra emissioni di CO2 e crescita del Pil e si realizza quando il valore economico procede di pari passo con l’incremento dell’efficienza energetica o della decarbonizzazione.
Nel 2020, quindi, le emissioni di gas serra sono diminuite come effetto del lockdown a causa del Covid. Il calo delle emissioni si è verificato in tutti i settori industriali e per la produzione di energia, soprattutto nell’industria, nei trasporti e nel riscaldamento domestico.
Ad esempio per la produzione di energia elettrica si è registrata una riduzione della domanda del 5,3%, mentre quella termoelettrica è stata pari al 6,4%. Questo si è verificato anche per la crescita della produzione da fonti rinnovabili, soprattutto fotovoltaica.
La produzione industriale ha subito un netto calo rispetto al periodo pre-Covid, di circa l’11,4%. A seguire c’è stato una notevole riduzione di consumi di gasolio, benzina e GPL in quanto tutto il settore dei trasporti ha pagato forse il dazio più pesante.
Un abbassamento dei consumi si è registrato anche per il riscaldamento domestico e commerciale, mentre per l’agricoltura e la gestione dei rifiuti non si sono verificati grandi scostamenti.
Nel comunicato stampa l’Ispra ha evidenziato che nel 2020 – annus horribilis della pandemia – la riduzione delle emissioni di gas serra a livello nazionale è stato del 9,8% rispetto all’anno precedente, con il Pil che è sceso dell’8,9%.
A causa delle restrizioni dovute al Covid abbiamo assistito ad un calo di emissioni per la produzione di energia elettrica, ad una minore domanda di energia e alla riduzione dei consumi energetici anche negli altri settori, in primis industria e trasporti.
Questi ultimi comparti hanno goduto, se così si può dire, della diminuzione del traffico privato in ambito urbano e riscaldamento per la ridotta attività degli uffici pubblici e delle attività commerciali.
A confermare, in linea generale, la stretta connessione tra andamento delle emissioni e la tendenza degli indici economici. Ovvero più aumenta il Pil, maggiore è l’inquinamento. Meno si produce, meno si inquina. Come recita un vecchio adagio: “mentre il medico studia, il malato muore“. Nel nostro caso sta a significare che mentre la politica pensa al da farsi, noi andiamo in rovina.
Per una vera transizione ecologica, la conditio sine qua non è produrre il meno possibile ed in maniera diversa. E’ la sola ancora di salvezza che abbiamo a disposizione. Il resto sono soltanto chiacchiere che lasciano il tempo che trovano.