Quando la Pubblica Amministrazione deve intascare non ci sono santi. E se ritardi o non puoi pagare sono cavoli tuoi: e giù sanzioni, pignoramenti, ganasce fiscali e quant’altro. Ma quando è lo Stato che deve pagare c’è sempre tempo e poco importa se le imprese falliscono e se qualcuno si toglie la vita per i debiti. La macchina italiana dei pagamenti è la più lenta d’Europa.
Roma – La vita del cittadino italiano è costellata di innumerevoli situazioni incresciose quando ha a che fare con la Pubblica Amministrazione. Ormai lo sappiamo tutti che, quest’ultima, quando deve incassare soldi, esige puntualità nei pagamenti. Quando è il contrario, ovvero lo Stato debitore verso il cittadino, i tempi si allungano fino alle calende greche.
L’espressione è attribuita all’imperatore romano Augusto, che si riferiva ad un pagamento mai effettuato. Nel calendario dell’antica Roma le calende corrispondevano al primo giorno di ogni mese, periodo in cui si regolavano i debiti ed i prestiti. Nel calendario greco, invece, non esistevano, quindi Augusto parlava di “un momento che non sarebbe mai arrivato“. E’ quello che, paradossalmente, si rischia in Italia quando è lo Stato che è debitore.
Un rapporto dell’Ufficio Studi di Confartigianato ha dimostrato il peggioramento dei debiti commerciali della Pubblica Amministrazione verso i fornitori privati. Nell’anno della pandemia sono arrivati alla considerevole cifra di 58 miliardi, cresciuti di 4 miliardi rispetto al 2019.
Ad esempio, il 60,2% dei Comuni non rispetta il termine di legge di 30 giorni per pagare le aziende che forniscono beni e servizi. Al Sud, il 24,1% delle amministrazioni va ben oltre i due mesi per pagare quanto dovuto. Questi debiti si ripercuotono sull’economia: la spesa corrente nel 2020 ha raggiunto il 3,1% del PIL in crescita rispetto agli anni precedenti, mentre nel resto d’Europa l’incidenza della media dei debiti commerciali sulla ricchezza prodotta è dell’1,7%:
“…I ritardi nei pagamenti inaspriscono le condizioni delle piccole aziende – ha detto il presidente di Confartigianato, Marco Granelli – già vessate dalla crisi pandemica. Inoltre, nell’attesa di essere pagate sono costrette a rivolgersi alle banche per avere il necessario e continuare l’attività imprenditoriale…
…La Commissione Europea, a tal riguardo, ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per non aver rispettato la legge del 2013 che impone pagamenti a 30 giorni. C’è una soluzione semplice per risolvere l’annoso problema: mettere in atto la compensazione diretta e universale tra debiti e crediti e tra imprese e pubblica amministrazione…
…Confidiamo che, come ha indicato la Presidenza del Consiglio al Ministero dell’Economia, entro il 2023, tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero rientrare nella media ponderata dei tempi di pagamento registrati sulla Piattaforma Crediti Commerciali (PCC) e che sia pari o inferiore a 30 giorni…”.
Indubbiamente la proposta di Confartigianato va presa in considerazione ed è meritevole di attenzione. Tuttavia questi dati sembrano in contrasto con quelli diffusi dal MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) nel maggio scorso. Le cifre si riferiscono all’anno 2020 e il risultato è strabiliante: i pagamenti sono stati effettuati finanche in anticipo di 3 giorni rispetto alla scadenza.
I dati hanno riguardato quasi 30 milioni di fatture per un importo di 150 miliardi di euro, di cui è stato pagato il 95,9 del totale. Mancano, però, 3 milioni di fatture per un valore di 10 miliardi. L’entusiasmo del MISE è giustificato, diciamo così, dall‘andamento discendente negli ultimi 5 anni. Nel 2015, infatti, i tempi erano molto maggiori: 74 giorni. Si è passati ai 48 del 2019 e ai 45 del 2020.
Ecco scoperto l’arcano: i tempi di pagamento sono diminuiti sì ma rispetto a quelli precedenti, che erano biblici! Bel risultato, ma ancora insoddisfacente rispetto ai 30 giorni della Legge Europea.
La solita furbizia italica, che riesce a “promettere di costruire ponti anche laddove non ci sono fiumi“. Riuscendo pure a convincere l’uditorio. Saranno ancora gli effetti che ci ha tramandato l’ars oratoria di Cicerone? Chissà.