Fisco, giustizia e pubblica amministrazione riveduti e corretti. Questi dovrebbe essere gli obiettivi di questo Governo fortemente voluto da tutto l’arco parlamentare per rimettere le cose a posto. Ma già si parla di prime defezioni e la cosa non fa piacere a nessuno. Poi c’è la questione del blocco dei licenziamenti da risolvere al più presto ma già c’è aria di vacanze “romane”.
Roma – Il governo di Mario Draghi sta lavorando su diversi dossier che dovrebbero trasformare in meglio il futuro degli italiani. Fisco, giustizia e lavoro rappresentano le riforme prioritarie che si attendono da almeno un decennio. I partiti sperano che la maggioranza accolga le proprie istanze ed ognuno dei gruppi, dal proprio punto di vista, sembra avere ragione da vendere. Ovviamente non è cosi.
Il Premier ed i ministri competenti, pertanto, non possono fare finta di niente come se fossero marziani arrivati in Parlamento e comportarsi come “alieni”, lasciando la responsabilità delle riforme esclusivamente ai rappresentanti politici. Non si era detto forse che i “tecnici“ servivano proprio per rimettere a posto le cose? Già qualcuno si tira indietro?
In un governo del genere, di quelli voluti per l’unità nazionale, si può solo mediare per giungere a destinazione. Coloro i quali l’hanno fortemente voluto, e con a capo l’ex banchiere, ora debbono assumersi le proprie responsabilità e valutare bene ciò che è meglio o meno per un Paese come l’Italia che ha bisogno di una regolamentazione efficace in diversi settori, tutti deficitari, della pubblica amministrazione.
I nodi più scottanti, come la giustizia, sono al vaglio degli esperti, e con essi gli emendamenti del Governo sulla riforma del processo penale, di quello civile e del Csm.
Ma in tema di giustizia la tensione sale ogni giorno di più soprattutto dopo l’accelerazione di Matteo Salvini sul referendum e il possibile coordinamento tra le forze politiche del centro-destra sulla raccolta firme.
I tempi della riforma della giustizia e dei referendum di Lega e Radicali non sono strettamente legati uno con l’altro ma è chiaro che lo scontro in atto rischia di scaricare ulteriori cortocircuiti sull’esecutivo.
Ma in questo contesto sia Mario Draghi che il ministro Marta Cartabia sono considerati dalle forze politiche delle figure di terzietà. Nel senso che, essendo tecnici, non patteggiano per uno schieramento in particolare ma eventualmente valutano le proposte di merito che verranno fatte. Ecco la grande responsabilità del ministro Cartabia.
Sul fronte fiscale, e riforma più che urgente a parte, ci sarà una nuova sospensione per le cartelle fiscali fino al 30 agosto. Al ministero dell’Economia si sta valutando infatti un emendamento al decreto Sostegni 2 (d.l. 73/21). Un ulteriore respiro economico per i tanti contribuenti in affanno.
Non pare invece percorribile il rinvio dei versamenti d’imposta previsti entro fine giugno. L’ipotesi che sembra fare capolino è quella di uno slittamento limitato ai soli contribuenti a cui si applicano gli Isa, cioè gli indicatori di affidabilità economica (ex studi di settore), ma anche in questo caso c’è un po’ di resistenza per i timori di impatti economici negativi per le casse dell’erario. Insomma strada in salita per una ulteriore dilazione delle rate della rottamazione.
Laura Castelli, viceministro dell’Economia, ha però dato ampie rassicurazioni confermando che è in corso una riflessione per tenere conto dell’ingorgo fiscale tra il 16 e il 30 giugno. Proprio entro giugno vi sono 144 scadenze, compresi gli acconti per le partite Iva.
Comunque non si esclude la possibilità di rinviare i versamenti di saldo, acconto e gli invii delle dichiarazioni Irap. Per la riscossione infine l’ipotesi che sta trovando credito è quella di un aumento delle rate piuttosto che di un nuovo rinvio.
Nel frattempo la politica nostrana, ma quella europea non è da meno, non perde occasione per litigare su tutti i fronti del riordino dei settori chiave della pubblica amministrazione. Liti solo apparenti che servono per dimostrare un confronto animato che non c’è. Le riforme della giustizia, fisco, semplificazione e concorrenza sono presupposti indispensabili per far passare il Pnrr a Bruxelles. Dunque se non si mettono d’accordo corrono il rischio di lasciarci le penne.
Senza un autentico rinnovamento di alcuni comparti essenziali non c’è futuro. Altra tensione sociale, che a luglio potrebbe esplodere in tutta la sua drammaticità, è il blocco dei licenziamenti. Infatti è in corso un’animata discussione nel governo e nella maggioranza. Ma il rischio reale che si corre è che rimanga tutto fermo. E sarebbe una tragedia.