La tragedia dei due giovani centrati da altrettanti proiettili alla nuca sparati da uno scriteriato con porto d’ami ad uso venatorio ripropone l’annosa questione delle licenze per armi e munizioni che consentono la detenzione di pistole anche per i cacciatori. Occorre una riforma della legge e prescrizioni severe.
Ercolano – Morti ammazzati con un solo proiettile alla testa. Questo è il drammatico esito dell’autopsia eseguita sui corpi di Tullio Pagliaro, 27 anni, fiorista, e Giuseppe Fusella di 26, studente universitario, uccisi a colpi di pistola nella notte del 29 ottobre scorso ad Ercolano, in provincia di Napoli.
Il medico legale Anna Gargiulo, per conto della Procura partenopea, ha completato l’esame delle salme stabilendo che i due ragazzi sarebbero stati raggiunti da un solo proiettile al capo che ne avrebbe determinato la morte istantanea per il primo giovane, e un’agonia di diversi minuti prima del decesso per la seconda vittima. I due proiettili, prima di colpire Tullio e Giuseppe, avrebbero perforato il tettuccio metallico della Fiat Panda a bordo della quale si trovavano i due sfortunati amici.
A sparare senza un perché undici colpi di Beretta calibro 40, autorizzata per uso sportivo dunque idonea esclusivamente per il tiro a segno, Vincenzo Palumbo, 53 anni, camionista, accusato di duplice omicidio volontario aggravato e attualmente detenuto in carcere. La ricostruzione del delitto, su cui indagano i carabinieri coordinati dai Pm Luciano D’Angelo e Daniela Varone, è ancora non del tutto chiara.
I due giovani si sarebbero ritrovati in via Marsiglia, frazione San Vito del Vesuvio, proprio davanti alla villetta dove abita la famiglia Palumbo, in tarda nottata probabilmente per scambiare quattro chiacchiere o, come riferisce qualche amico, perché stavano facendo scuola guida.
Palumbo, probabilmente attratto dalla visione di un’auto ferma davanti casa, si sarebbe diretto sul balcone e avrebbe fatto fuoco al buio e in direzione della Panda. L’uomo avrebbe sparato in rapida successione 11 colpi, cinque dei quali avrebbero centrato l’utilitaria, di questi due avrebbero colpito Tullio e Giuseppe, mentre i rimanenti sarebbero andati a vuoto ma rinvenuti nelle vicinanze della vettura.
Se la balistica e le verifiche scientifiche non sbagliano Palumbo avrebbe mirato in direzione dell’auto già in movimento dopo la sosta sotto l’abitazione del presunto assassino. Resosi conto della tragedia il camionista, udito il lamento di uno dei due ragazzi, avrebbe chiamato il 112 almeno mezz’ora dopo la sparatoria dunque persiste anche il dubbio che una delle due vittime avrebbe potuto salvarsi.
Sulle prime Vincenzo Palumbo avrebbe riferito ai carabinieri di aver sparato in direzione di quelli che riteneva fossero due ladri, forse gli stessi che il 4 settembre scorso aveva sorpreso a rubare nella sua proprietà. Lo stesso camionista avrebbe poi dichiarato di aver sparato perché il sistema di sicurezza sarebbe andato in allarme ma nessuno dei vicini ha confermato di aver sentito suonare alcuna sirena.
Gli accertamenti eseguiti dalla Procura, però, parlano di Palumbo come di un uomo che dormiva con la pistola sotto il cuscino e che usciva di casa armato anche quando portava a passeggio il cane. Fatti che sarebbero peggiorati dopo la visita dei ladri nella sua villetta.
Palumbo sarebbe in possesso di porto d’ami uso caccia, autorizzazione rilasciata dalla Questura, che prevede purtroppo la detenzione 3 armi comuni da sparo (dai revolver alle semiautomatiche di qualsiasi calibro esclusi quelli militari), 12 armi sportive, un numero illimitato di fucili da caccia oltre a tutto un vasto armamentario per la costruzione di cartucce ovvero pallini, pallettoni, polvere da sparo, bilancini, e attrezzi diversi.
Una vera e propria Santa Barbara che dovrebbe essere abolita per evitare il ripetersi di tragedie come queste. Nell’ordinanza firmata dal Gip Carla Sarno emerge un quadro indiziario a dir poco terrificante:
”…I due ragazzi non potevano avere scampo – scrive il giudice – poiché la distanza era davvero ridotta…Poi c’è la freddezza del gesto, e soprattutto l’assoluta determinazione nel colpire…”. L’avvocato difensore dell’indagato, Fioravante De Rosa, è di diverso avviso:”…Non l’aveva neppure immaginata l’eventualità di colpire la vettura e, addirittura, chi c’era all’interno...”.
La moglie dell’indagato ha chiesto scusa alle famiglie delle vittime in un momento in cui il dolore ha sopraffatto parenti, amici e conoscenti:”…Mio marito deve pagare con la giustizia, perché ha tolto due figli alle mamme – ha detto Maria Rosaria – e io che sono una mamma posso capire cosa può significare. Vincenzo è un uomo tranquillo, non è mai stato violento, e non è vero che aveva litigato con delle persone, lui non c’era mai a casa per lavoro...”.
I funerali dei due ragazzi, stimati e benvoluti da tutti, sono stati celebrati nel santuario di Santa Maria della Natività e San Ciro a Portici e officiati dall’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, alla presenza di centinaia di persone. Il sindaco Enzo Cuomo ha proclamato il lutto cittadino.