Come se non bastassero le mafie del Bel Paese da diversi anni anche quelle dell’Est europeo, e quella Russa in particolare, hanno preso piede sul nostro territorio. Sono spietati e non guardano in faccia nessuno. Non esitano ad ammazzarsi fra di loro quando i conti non tornano e sono capaci di tutto. Non hanno rivali nei furti in appartamenti di lusso, nel mercato delle armi e della prostituzione.
La mafia russa – e più in generale quella proveniente dai Paesi ex URSS – è un fenomeno che sta prendendo piede e che deve essere studiato con grande attenzione. Siamo di fronte infatti ad un fenomeno che che fa largo uso di strategie e modelli di comportamento arcaici e moderni nel contempo. Un paradosso che funziona. La мафия russa non nasce dopo la caduta nel Muro ed il conseguente crollo sistemico dei Paesi dell’Est ma circa 70 anni prima.
Il mafioso russo è storicamente definito “vor v zakone” (ladro nella legge): all’interno del mondo criminale russo è una figura specializzata, in particolare un ladro, che soddisfa determinate peculiarità della tradizione criminale locale.
Molti ladri nella legge durante l’avvento del comunismo hanno preferito il carcere ed il Gulag, ricorrendo comunque ad un modus operandi efficace che consisteva nel minacciare, ad esempio, le famiglie dei secondini affinché questi ultimi diventassero loro complici oppure passassero al loro servizio all’interno e all’esterno delle carceri.
Altri invece hanno scelto di inserirsi all’interno del nuovo sistema di potere comunista e stalinista, collaborando con i loro capi e condividendone le scelte politiche a vantaggio dei clan.
Questa divisione portò ad una sorta di conflitto tra le due anime criminali, conflitto poi risolto con la caduta del Muro ed il conseguente disfacimento dell’URSS.
La forma organizzativa della mafia russa è simile a quella di Cosa Nostra per i rapporti interni ai clan, ma diversa per la mancanza di una vera e propria cupola verticistica, nonostante esistano consolidate interazioni fra i clan più forti che per attrazione influenzano quelli più deboli.
Dopo il 1989 i “ladri nella legge” sono riusciti ad approfittare della situazione di instabilità, essendo essi stessi gruppi organizzati ed in grado di sostituirsi in modo efficace ad uno Stato ormai inesistente come quello ex sovietico.
Questa moltitudine di personaggi sarebbero entrati in competizione con altri gruppi di potere come l’ex Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, popolarmente nota come KGB, composta a funzionari di alto livello divenuti oligarchi e neo miliardari dopo essersi accaparrate le ex proprietà statali, le banche per poi entrare a pieno titolo nel turbocapitalismo post sovietico.
Altro settore di interessi ad alto reddito in cui si sono specializzati questi lugubri gerarchi, oltre a droga, racket e prostituzione, è stato il traffico di armi grazie alla complicità di numerosi militari dell’Armata Rossa che erano stati licenziati e che dovevano, in qualche modo, sopravvivere vendendo quanto rimasto negli arsenali dismessi.
In breve tempo dunque la mafia russa si è diffusa anche all’estero per investire grossi capitali, riciclare ma anche per operare nei settori più redditizi delle economie locali. Questa diffusione a macchia d’olio ha mutato le attitudini della vecchia guardia che vedeva nel carcere un segno di orgoglio. Di contro le nuove leve non amano la galera, piuttosto il lusso sfrenato e la violenza estrema, tanto da confondersi con i neo oligarchi capitalisti.
In Italia la mafia russa è presente da oltre vent’anni, ma la sua attività è stata ampiamente sottovalutata sino a qualche anno fa. Per altro questi gruppi mafiosi sono difficili da colpire poiché la nostra legislazione, spesso, risulta inefficace se applicata nel loro Paese d’origine. Basti pensare ad una eventuale applicazione del nostro 416-bis, associazione di tipo mafioso, che in Russia non trova nemmeno rispondenza giuridica.
Il 31 Luglio 2003 a Forte dei Marmi accadde un episodio curioso, assolutamente sottovalutato: l’arresto da parte della Guardia di Finanzia – in collaborazione con l’FBI – di Alimzhan Tokhtakhounov, un boss degli Urali, accusato di aver truccato una gara olimpica di pattinaggio di Salt Like City nel 2002.
I boss russi amano la Versilia in particolare, ma anche altre zone del Bel Paese come la provincia di Pavia, ad esempio. Nonostante il campanello d’allarme abbia iniziato a suonare da anni sulla mafia russa in Italia e sui suoi investimenti si preferisce soprassedere e quando qualche affiliato viene arrestato generalmente il trattamento ricevuto è pari a quello del delinquente comune. Fra questi individui, di notevole spessore criminale, si annoverano i cosiddetti Georgiani, in assoluto i migliori topi d’appartamento esistenti sul mercato. Veri e propri specialisti nel ripulire ville e appartamenti, e nello scassinare qualsiasi tipo di cassaforte o porta blindata.
Quando non si accordano sulla spartizione del bottino i Georgiani passano alle vie di fatto e non di rado si affrontano in sparatorie e regolamenti di conti che finiscono con morti e feriti, com’è accaduto fra Bari e Firenze ma anche in altre città.
Appare ovvio e urgente cambiare mentalità e trattare tali soggetti, perlomeno dal punto di vista sociale e giudiziario, per quello che sono: criminali pericolosi e senza scrupoli, alleati con la criminalità organizzata nostrana e in continua espansione specie nel mercato della prostituzione e armi. Sono mafiosi a tutti gli effetti e come tali debbono essere perseguiti.