Adesso è quotata nella Borsa di Chicago come un’azienda qualsiasi nonostante tutto il mondo civile abbia protestato energicamente. Quanto pagheremo un bicchiere d’acqua nel prossimo futuro? Come faranno milioni di persone già malandate per la siccità a sopravvivere? Chi ha fatto questo è un assassino e come tale andrebbe punito. Invece davanti al dio denaro…
Roma – Se ne parlava già l’anno scorso ma poi dalle parole si è passati ai fatti: finanche l’acqua è stata quotata in Borsa. Che tempi: i rapaci della finanza si sono accaparrati anche il liquido vitale, il bene più naturale e prezioso della terra e che, in quanto tale, appartiene a tutti! Mai avremmo immaginato, nemmeno negli incubi peggiori, che la formuletta che abbiamo imparato a memoria da bambini, la famosa H2o sarebbe stata quotata in Borsa come una qualsiasi azienda.
Il più potente fondo di d’investimento speculativo mondiale, il BlackRock , ha quotato l’acqua alla Borsa di Chicago. Il solo fatto che un fondo d’investimento, per di più speculativo, possa arrivare a tanto fa venire l’orticaria per non dire altro. L’acqua è natura, come il cielo, le montagne, la flora, la fauna. Si può quotare in Borsa tutto questo?
Quel liquido che fa tanto bene alla salute. Senza dimenticare la sua grande valenza esoterica. E’, infatti, sorgente di vita, la matrice che, sotto forma di liquido amniotico e di acque primordiali, preserva e da inizio alla vita. Nelle antiche cosmogonie l’Acqua componente primordiale era un principio vitale, nell’accezione di strumento per la rigenerazione.
Un’operazione del genere non poteva passare inosservata: difatti ha suscitato forti reazione di critica e di opposizione in tutto il mondo. Tanto è vero che l’Associazione Internazionale Agorà degli Abitanti della Terra, che ha sede in Belgio ha lanciato la campagna “Liberiamo l’acqua dalla Borsa, in Europa ed in Sud America”.
Il Forum Italiano dei movimenti per l’Acqua aveva lanciato una petizione sulla piattaforma online di campagne sociali, change.org. Ma l’ingordigia della finanza è illimitata. Il 25 ottobre scorso, imitando il fondo BlackRock, la Borsa di New York ha aperto una nuova classe di attivi finanziari, gestiti da una nuova categorie d’imprese le: Natural Assets Companies (NAC).
Lo scopo è quello di finanziare un tipo di sviluppo sostenibile. In realtà si tratta di una vera e propria deplorevole monetizzazione generale della natura, sotto la tutela della Borsa, per comprarsi pezzi della Terra. Per fare che cosa? Solo gli ingenui e gli sprovveduti possono pensare che lo facciano per il bene del pianeta e dell’umanità.
In realtà come ogni azienda quotata il fine è produrre profitti, i famosi dividendi da ripartire fra gli azionisti. Se questa appropriazione indebita della natura non sarà fermata, l’acqua ed i beni naturali saranno gestiti da ristrette oligarchie finanziarie. D’altronde qualche decennio fa si è parlato dell’acqua come il petrolio del futuro.
Questa situazione si è esacerbata, oltre che per aver trasformato in affare finanziario un bene essenziale, anche per la sua scarsità. La sua disponibilità è nei fatti assoggettata alla più cruda logica di mercato: carenza del bene in circolazione, richiesta in ascesa, aumento del prezzo. Al mondo ci sono ben 2,2 miliardi di persone a cui è impedito l’accesso minimo vitale all’acqua potabile e 3,4 miliardi senza servizi igienici di base.
La finanza, nel pieno spirito del dogma del liberismo selvaggio, si sta adoperando per gestire l’insufficienza idrica e imporre un prezzo speculativo. Favorendo, in questo modo, le imprese private e assicurando loro la disponibilità dell’acqua, che utilizzano in grandi quantità, per produrre profitti. Così il cerchio si chiude. D’altronde tra pari ci si intende: finanza ed impresa hanno più o meno la stessa visione del mondo.
E’ uno scenario terribile che, inesorabilmente, provocherà ulteriore emarginazione di territori, piccoli agricoltori e piccole imprese, acuendo la già grave crisi climatica, socio-economica e sanitaria. Inoltre renderà carta straccia la risoluzione dell’ONU del 2010 sul diritto universale all’acqua e nel nostro Paese, non dimentichiamolo, 27 milioni di cittadini nel 2011 nel referendum espressero la loro posizione al riguardo.
Ovvero che l’acqua doveva uscire dal mercato e rimanere un bene pubblico. Provoca angoscia il solo pensiero che forse dovremo pagare a peso d’oro anche un bicchiere d’acqua. Come siamo ridotti!