Giustizia: peggio non si può dice Gratteri

La stessa maggioranza che aveva approvato a suo tempo la riforma Bonafede l’ha fatto per il testo siglato dalla Cartabia. Tutti gli altri impegni sono stati rinviati a settembre. Del resto è estate per tutti e anche l’Europa può aspettare. Garantisce Draghi.

Roma – Raggiunto l’accordo sulla Giustizia. Il testo arriverà in Aula domenica alle 14. Invece per PNRR, Fisco e concorrenza se ne riparlerà a Settembre. Imprescrittibili, e quindi esclusi dal meccanismo dell’improcedibilità, i reati di mafia e terrorismo, dunque regime speciale per i reati con aggravante mafiosa per i quali è previsto, fino al 2024, un termine di 6 anni in appello, mentre dal 2025 tale termine sarebbe fissato in 5 anni.

La lunga fase di trattative, con momenti di alta tensione, si conclude senza lode e senza infamia e con tutti i partiti di maggioranza che rivendicano la vittoria sull’intesa raggiunta e il ruolo determinante di ciascuno nella mediazione. Tutti pinocchi, ovviamente.

Ma c’era da aspettarselo adesso che la riforma è ad un passo dall’approvazione definitiva (anche se con la fiducia non si sa mai). I leader dei diversi gruppi salgono a spintoni e distinguo sul carro dei vincitori.

Nel frattempo il Procuratore Nicola Gratteri liquida l’attuale proposta Cartabia come la peggiore riforma della giustizia che ci sia mai stata in Italia, compresa la Legge Bonafede a cui ormai bisognerà annualmente portare un lumino o istituire una mesta ricorrenza per ricordare alcune indimenticabili stagioni politiche italiane.

Insomma il duo Draghi-Cartabia è riuscito a confezionare una riforma con l’assenso della stessa maggioranza, Pd e M5S, che era stata l’artefice della precedente legge Bonafede che già di per sé sembrava un pastrocchio. Ma anche in questo caso ha vinto la “sregolatezza legislativa” della politica italiana che cede agli interessi di parte con qualsiasi compromesso.

Inaspettatamente, alla fine di una giornata dedicata alla limatura del testo sulla Giustizia, il Governo di Mario Draghi ha rinviato a Settembre tutti gli altri impegni in calendario e che si sarebbero dovuti confezionare entro il 31 luglio. Motivi tecnici veri o presunti, ormai è andata. Del resto è estate per tutti.

La scelta dei tempi differiti è stata voluta proprio per evitare strappi subito dopo la confusione e gli scontri sul dossier Giustizia. Per la Riforma del Fisco il nodo principale sono anche le risorse. I partiti avrebbero individuato riduzioni del carico fiscale che avrebbero bisogno di circa 40-60 miliardi. Valli a trovare.

Sul tavolo, infatti, ce ne sarebbero appena 2-3, stanziati con l’ultima manovra appositamente per la Riforma del Fisco. I fondi non bastano e c’è chi spinge ipotizzando una confluenza dei flussi Irap nellimposta sul Reddito delle Società per sfruttare quei 3 miliardi al fine di cancellare l’imposta per le imprese individuali ed i professionisti. Anche se il PD preferirebbe insistere sul cuneo fiscale.

Così facendo l’Italia, che si era impegnata formalmente con la Commissione Europea a presentare alle Camere le due Riforme – Concorrenza e Fisco – entro il 31 luglio, secondo un preciso cronoprogramma indicato, peraltro, nello stesso PNRR ha cambiato improvvisamente rotta. E’ solo strategia? Crediamo proprio di no e lo ribadiamo.

Entrambi i provvedimenti sono attesi da anni (basta ricordare che l’unico e ultimo DDL sulla Concorrenza è entrato in vigore nel 2017), ma le intese tra le forze della maggioranza sono ancora tutte da realizzare.

Non dimentichiamo che il Ddl sulla Concorrenza andrà a toccare alcuni settori sensibili come le concessioni per le dighe, che interessano in particolare le Regioni del Nord a guida leghista. Poi si discuterà sui criteri per l’assegnazione dei servizi pubblici locali che troppo spesso le amministrazioni civiche preferiscono gestire in modo familiare, con continue proroghe ed aggiornamenti delle convenzioni, anziché effettuare una gara ad evidenza pubblica. Altri interessi da preservare. Al prossimo giro.

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