Mentre il partito di Letta è ancora in cerca di un’identità che non trova, dall’altra parte si roda il motore elettorale per conquistare il Campidoglio. Nonostante Salvini e Meloni pensino già alla poltrona del palazzo di via Cristoforo Colombo. Ancora aperta e sanguinante la ferita provocata a Forza Italia da Luigi Brugnaro e Giovanni Toti. Furioso il Cavaliere che rischia di rimanere solo.
Roma – Le divisioni del centro-sinistra finiranno per avvantaggiare il centro-destra. Infatti la conquista di Roma non è più una missione impossibile se ci sarà un candidato unitario per la variegata compagnia di neo centristi, berlusconiani, salviniani e meloniani.
La frattura tra Pd e M5s, che vedrà contrapposti l’ex ministro Roberto Gualtieri alla sindaca uscente Virginia Raggi aiuta, infatti, non poco Meloni & Compagnia Bella. Anche se il ministro Speranza minimizza le divisioni affermando con un Tweet che “con Giuseppe Conte ed Enrico Letta si lavora per costruire una grande coalizione popolare”. Nonostante Conte non sia riuscito ancora ad affermare la propria leadership con la nuova versione dei 5 Stelle riveduti e corretti.
Finora solo a Napoli si è raggiunto un equilibrio ma negli altri comuni è caos allo stato puro. Peraltro a sinistra devono pure fare i conti con Carlo Calenda, il leader di Azione, che per primo ha lanciato la sua candidatura e che, presumibilmente, strapperà voti soprattutto al candidato del Pd. Ma non solo.
In questo scenario le chance per il centro-destra aumentano non di poco. Tanto da dare per scontato l’arrivo al ballottaggio. E non è poco.
Per vincere però c’è bisogno di un nome capace di attrarre l’elettorato dei candidati tagliati fuori. Ecco perché sia il leader della Lega che la presidente di Fratelli d’Italia, e anche Forza Italia per la verità, puntano su un concorrente civico, senza tessera di partito.
Il nome più gettonato al momento è quello di Enrico Michetti, avvocato amministrativista, docente universitario e noto soprattutto per la sua partecipazione come speaker radiofonico presso un’emittente romana, di quelle che catturano l’audience parlando soprattutto di calcio, della Roma e della Lazio.
A proporlo sarebbe stata la Meloni, non senza qualche disappunto tra i suoi, visto che Michetti non è riconosciuto come vicino a FdI.
Ma sarebbe proprio questa la sua forza, qualora dovesse ritrovarsi al ballottaggio contro uno degli altri tre candidati.
L’altro nome, indicato da Antonio Tajani, è quello del magistrato Simonetta Matone, per circa 20 anni giudice dei minori e nota al grande pubblico per le sue presenze televisive nel programma “Porta a Porta”. La decisione, comunque, arriverà in occasione del prossimo vertice, visto che quello di giovedì 27 è saltato per il caso Brugnaro-Toti.
L’annuncio della nuova formazione politica “Coraggio Italia”, grazie anche al contributo decisivo di parlamentari di Forza Italia, ha mandato su tutte le furie Silvio Berlusconi che si era anche speso personalmente per frenare l’emorragia. Che pare ancora in atto nonostante la rianimazione del Cavaliere.
Tant’è vero che, convinta da “papà Silvio“, sarebbe ritornata sui suoi passi Renata Polverini, che aveva abbandonato F.I. per sostenere il Conte ter, tentativo poi fallito. Su tutta la linea.
E’ indubbio, comunque, che da quando a dirigere i ranghi del partito fondato da Berlusconi è arrivato l’ex presidente del Parlamento Europeo, fra gli azzurri c’è stato un costante e puntuale fuggi fuggi generale e la pattuglia di forzisti si è andata assottigliando sempre di più. Per altro Antonio Tajani non avrebbe fatto nulla per evitare le fughe che, se continuassero, metterebbero a serio rischio l’esistenza stessa di Forza Italia.
Per colpa degli onnipresenti saltimbanchi Salvini, che si era assunto l’onere di organizzare l’incontro di tutto il centrodestra, ha dovuto rinviare l’assise plenaria anche perché, nel frattempo, aveva saputo che tra i “coraggiosi” di Toti e Brugnaro c’era anche una parlamentare leghista, tale Tiziana Piccolo.
Quest’ultima, però, ha fatto stranamente marcia indietro, rimanendo nel Carroccio anche su sollecitazione degli stessi fondatori, preoccupati per l’eventuale reazione del capo leghista proprio nella fase decisiva della scelta sulle candidature.
A questo punto però non è da escludere la solita carta nella manica che verrà scoperta sul tavolo delle trattative, al momento giusto.
Matteo Salvini, per esempio, finora non ha fatti nomi. O meglio, aveva sponsorizzato Guido Bertolaso, che ha preferito rinunciare, probabilmente non sentendosi sicuro e forse anche per il tardivo consenso della Meloni alla sua designazione.
In ogni caso la partita capitolina si incrocia con quella di tanti altri Comuni italiani e non è scontato che sia conveniente spuntarla sul candidato sindaco, in quanto c’è chi sostiene che tanto Salvini quanto la Meloni abbiano come principale obiettivo la Regione, dove però si voterà nel 2023. Due anni durante i quali può accadere di tutto. Politicamente s’intende.