Onu: in Italia i lavoratori più sfruttati

Bacchettati energicamente dalle Nazioni Unite il Bel Paese sembra un ricettacolo di sfruttatori e caporali. Nel report che verrà pubblicato l’anno prossimo l’Italia appare come una nazione del terzo mondo. Differenze di genere e di salario sono ancora marcate e manca un’Autority per i Diritti Umani. Siamo messi male ma lo sapevamo.

Roma – Che le condizioni di lavoro in molte zone d’Italia fossero al limite dello sfruttamento lo sapevamo da un bel po’, almeno coloro che avevano occhi per vedere e non foderati di prosciutto. Non era l’impressione di qualche rivoluzionario marxista per denunciare le malefatte del capitalismo, ma la cruda e nuda realtà. Ora lo ha sottoscritto anche l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) il massimo organismo politico internazionale.

Surya Deva

La scorsa settimana si è riunito il gruppo di lavoro Onu su Business and Human Rights a Roma e le conclusioni degli esperti sono state deplorevoli per quanto riguarda l’Italia. Il presidente Surya Deva al termine della missione Onu sui diritti umani e attività d’impresa, ha così commentato alla stampa: “…Siamo rimasti impressionanti dalla situazione di sfruttamento che esiste in alcune zone, ancor più perché ci troviamo in un Paese con normative avanzate come l’Italia…”.

Il Bel Paese è stato il primo dell’Europa occidentale a ricevere la visita degli esperti e come si suole dire in certi frangenti “ci siamo subito fatti riconoscere“. Sono state oggetto d’attenzione, in un viaggio durato una decina di giorni, alcune zone critiche per gli impatti che hanno sui diritti le attività d’impresa. Tra queste, Avellino, Prato, Taranto, la Val D’Agri in Basilicata per la zona estrattiva e alcune zone del Gargano, in Puglia.

Si sono svolti incontri con ministeri, autorità regionali, società civili, sindacati, imprese. Inoltre, sono stati vagliati documenti, posizioni e denunce. Sono state individuate tre aree su cui mostrare grande attenzione: diritti dei lavoratori; inquinamento ambientale ed emergenza climatica; questioni di genere.

Le problematiche riscontrate sono: sicurezza e salute dei lavoratori ai minimi termini; enorme numero di incidenti sul lavoro; accentuato sfruttamento dei lavoratori, soprattutto migranti. I settori valutati sono stati quelli della logistica, dell’agroalimentare e del tessile, ma lo sfruttamento è probabile che non sia legato solo ai settori presi in esame, ma una questione estesa a macchia d’olio e strutturale.

Se pensiamo al settore della moda, fiore all’occhiello del Made in Italy, al primo posto nell’esportazione in Europa e al secondo al mondo dopo la Cina, non possiamo non constatare che il suo successo è basato su un pervasivo sistema di sfruttamento.

Le zone visitate sono caratterizzate da problematiche diverse (isochimica, oil&gas, industria dell’acciaio) ma manifestano tratti in comune. Ovvero, la sordità delle istituzioni e delle imprese alle legittime istanze delle comunità locali. Inoltre è apparsa rilevante la disparità di genere, nonostante sia cresciuto il numero di donne che occupano ruoli apicali nelle imprese.

E’ ancora elevata la differenza salariale e di opportunità, a cui si aggiungono le molestie sessuali sui luoghi di lavoro e nello spazio pubblico. Su queste problematiche si sono poi riversati gli effetti della pandemia, con un impatto diseguale sulle donne, in termini di perdita di posti di lavoro e di accresciuta violenza domestica.

Se ci trovassimo a scuola le conclusioni elaborate dal gruppo di lavoro possono essere considerate delle vere e proprie bacchettate. Il report definitivo sarà pubblicato nel 2022 e consegnato al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite.

Nazioni Unite

Nel frattempo, sempre per restare nella metafora scolastica, speriamo che il monello italiano si decida a studiare per mettere in campo strumenti e interventi politici che possano, quanto meno, attenuare gli aspetti negativi emersi. Ne va non solo del nostro prestigio ma soprattutto della vita di migliaia di persone che hanno diritto di vivere il lavoro in maniera dignitosa.

Un ultimo appunto mosso alle nostre Istituzioni politiche dal gruppo di lavoro è la constatazione che siamo uno dei pochi Paesi a non aver istituito un organismo nazionale per i diritti umani. Della serie: al peggio non c’è mai fine!

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