Lo dicono le previsioni: entro i primi sei mesi del 2022 l’Italia tornerà ai livelli economici pre-pandemia. Se cosi fosse sul serio ci mettiamo la firma ma con l’attuale situazione economica solo un miracolo può permetterci quel traguardo. E occorrono subito le riforme di Fisco, Lavoro e Previdenza, beninteso. Ma è proprio cosi roseo il nostro imminente futuro?
C’è molta incertezza, dappertutto. Leggendo i dati che vengono diffusi, tramite i mass media, da organismi nazionali e internazionali sulla situazione socio-economica del Bel Paese, e non avendo la preparazione di Mario Draghi, si rimane basiti. Ed usiamo un eufemismo.
L’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa ci informa – bontà sua – che l’economia italiana nella prima metà del 2022 recupererà i livelli pre-crisi.
Per ottenere questo risultato l’Italia deve: continuare a fornire sostegno fiscale fino a che la ripresa non sarà consolidata, attuare un piano per il rientro del debito, migliorare l’efficacia della Pubblica Amministrazione (PA), contenere la spesa pensionistica, eliminare Quota 100 e ridurre il Reddito di Cittadinanza, che ha sì attutito la povertà, ma pochi hanno trovato impiego.
L’ISTAT, l’Istituto Nazionale di Statistica, nell’aggiornamento annuale sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) ha rilevato il brusco arresto della speranza di vita nel nostro Paese, una contrazione di 1,2 anni rispetto al 2019. Ad arrecare danni, ovviamente, è stato quella specie di tsunami pandemico che ha determinato anche un aumento del rischio di mortalità, tanto che nelle provincie più colpite dal Covid, Bergamo, Cremona e Lodi, la contrazione è stata di 4,3 anni per gli uomini e di 4,5 per le donne.
Camion militari trasportano salme di morti per Covid
C’è da sottolineare che il BES è un indice, utilizzato dall’ISTAT e dal CNEL – Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, organo di rilievo costituzionale – per la valutazione del progresso di una società non solo dal mero punto di vista economico, come il Prodotto Interno Lordo (PIL), ma anche sociale ed ambientale e corredato da misure di disuguaglianza e sostenibilità.
Tra i dati diffusi dal dossier BES si è riscontrato anche l’aumento al 23,3% dei NEET, i giovani che non lavorano e non studiano. NEET è l’acronimo inglese di: Not in Education Employment or Training. La tendenza è accresciuta al Nord e nel Centro Italia, ma è il Sud che detiene il primato con la percentuale del 32,6%.
In aumento la disoccupazione giovanile
Per quanto riguarda l’occupazione media fra i 20-64 anni è in calo, al 62,6%. In dettaglio: al nord 71,6%, al centro 67,4%, al sud 48%. Sul versante scuola dal BES è emerso la difficoltà del sistema ad adattarsi ai bisogni speciali, ad esempio le barriere architettoniche rimosse soltanto nel 32,6% degli edifici, con percentuali peggiori – vatti a sbagliare – al sud.
Insomma come si suole dire in questi casi: la situazione è grave ma non seria, frase attribuita al grande Ennio Flaiano. Nel senso che se è grave ma non associata alla serietà, testimonia la precarietà della stessa. Ma, soprattutto, il rischio è quello di disperdersi tra una serie di dati e di interpretazione dei numeri. Ad esempio secondo altre note dell’ISTAT riguardanti alcuni settori, l’economia cresce, addirittura con ritmi inattesi.
Secondo la stima completa dei conti economici trimestrali di Aprile-Giugno c’è stata una crescita sostenuta del PIL con aumenti del 2,7% in termini congiunturali e del 17,3% tendenziali. C’è stato, dunque, un marcato aumento del valore aggiunto nell’industria, nel terziario e nelle ore lavorate. Mentre i redditi pro capite sono rimasti stazionari.
Il premier Mario Draghi non si è lasciato sfuggire l’occasione di manifestare un certo trionfalismo in occasione della presentazione delle nuove misure su Green pass, obbligo vaccinale, terza dose e scuola, dichiarando soddisfatto: “…L’economia va bene, cresce molto di più di quanto ci spettassimo…Così come il mercato del lavoro…Però non bisogna dormire sugli allori…”.
Mario Draghi
Anche perché questo scenario è dovuto, in parte, ad un grande rimbalzo, che sta avvenendo in gran parte dei Paesi europei. Chi è caduto di più rimbalza di più e chi è caduto di meno lo fa di meno. Dunque, come siamo messi davvero?
Dipende dai punti di vista e se si analizza il particolare rispetto alla situazione complessiva. Lo si potrebbe chiedere, ad esempio, ai dipendenti di Logista Italia Spa, multinazionale monopolista nella distribuzione del tabacco, licenziati con un messaggio di 80 caratteri – spazi inclusi – su WhatsApp, per delocalizzazione della produzione. Ecco chiedetelo a loro, se ne avete il coraggio.