L’abbandono della scuola prima del tempo è un fenomeno in netta crescita. E lasciamo da parte il Covid che stavolta c’entra poco. Mollare gli studi è più facile al Sud piuttosto che al Nord. Mentre la politica, anche in questo caso, è totalmente assente impegnata com’è a correre verso le prossime elezioni o a spartirsi i ricchi incarichi delle istituzioni statali. Un vero esempio per le future generazioni.
Roma – Il lavoro manca ma a volte latitano anche i lavoratori. Che il lavoro sia carente e di conseguenza la disoccupazione in aumento è risaputo. Soprattutto da coloro che si trovano in condizioni improvvise di indigenza. Però la complessità delle società più avanzate è tale che spesso emergono contraddizioni particolari.

Una di queste risulta da una ricerca compiuta dal centro studi della CGIA, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre. Ben 543 mila giovani l’anno scorso hanno abbandonato la scuola prima del tempo.
Hanno tra i 18 e i 24 anni i giovani che hanno lasciato gli studi alla terza media (dunque senza conseguire il diploma di scuola superiore, né qualifiche professionali regionali) e che non frequentano altri corsi scolastici né svolgono attività formative. Per non parlare di una laurea o di un master. E smettiamola di dare la colpa al Covid anche per questo: è un aspetto strutturale del nostro sistema sociale.

Gli Italiani non studiano, punto e basta. Siamo da decenni uno dei Paesi europei col più alto tasso di dispersione scolastica tra i giovani. Un aspetto che la politica in primis sembra non tenere conto e, associato alla denatalità, sta creando difficoltà a molte aziende che non riescono a reperire in Italia figure professionali con adeguati livelli tecnici di specializzazione. L’avvento della rivoluzione digitale ha esacerbato questa criticità.
Secondo Unioncamere quasi il 31% del milione e 280 mila nuove assunzioni previste dalle imprese italiane nei prossimi mesi sarà difficilmente reperibile. I dati nudi e crudi ci raccontano che la dispersione scolastica è otto volte superiore al numero dei cosiddetti cervelli in fuga, ovvero coloro che con alti titoli di studio emigrano all’estero dove spesso trovano occupazioni più che dignitose. Ma non è la regola, ovviamente.

Povertà educativa significa un depauperamento generale del sistema Paese e una marginalizzazione di una parte della società che difficilmente riuscirà ad essere inclusa. E’ chiaro che si tratta di un fenomeno estremamente complesso e non di repentina soluzione, perché le cause sono innanzitutto culturali, sociali ed economiche.
Indubbiamente chi proviene da ambienti svantaggiati e da famiglie con basso livello di istruzione ha maggiori probabilità di abbondonare la scuola. Tuttavia va segnalato che un degno lavoro di recupero e di inclusione è svolto da istituti di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP).

Queste scuole, che spesso si trovano in aree a forte degrado urbano e sociale, sono diventate un punto di riferimento per i ragazzi di nazionalità straniera, per ragazzi con disabilità e per coloro con gravi insuccessi scolastici alle spalle. In Europa, nella classifica della dispersione scolastica, abbiamo raggiunto il terzo posto dopo Malta e Spagna che stanno peggio di noi.
Dal punto di vista del territorio le regioni del Sud Italia registrano un ulteriore primato degli aspetti negativi. La Sicilia è al 1° posto seguita da Campania e Calabria. Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Molise ed Emilia Romagna sono le più virtuose. Il Nordest, invece, è l’area che soffre di meno questo fenomeno, sia per l’incidenza percentuale di abbandono che per il più basso numero in termini assoluti di uscite premature dal mondo della scuola.

Di fronte a questo scenario i politici che cosa fanno? Pensano a dividersi le poltrone in Rai e ad inseguire le variazioni dei sondaggi elettorali. E i cittadini che cosa fanno? Assolutamente nulla, mentre dovrebbero metterli alla gogna, quella vera, come si faceva nel medioevo e insultarli per la loro manifesta incompetenza.
Perché di soluzioni concrete non se ne vede nemmeno l’ombra. E mentre i problemi continuano ad essere evidenti si preferisce il presenzialismo e la retorica vittoriosa della Nazionale di calcio. Intanto una gran parte di nostri connazionali vivono nell’incertezza e nell’oblio assoluti. Nemmeno un po’ di vergogna fra gli scranni?