La politica dell'appartenenza è ormai solo un ricordo. Salvini e Meloni stanno in Italia con Draghi e in Europa con la destra estremista, tanto per gradire. Mentre Conte scolpisce il Movimento 5 Stelle nuovo di pacca.
Roma – Salvini punta alla fusione di identità nazionali diverse e vola a Budapest, mentre Conte traccia le linee del M5S 2.0. A Strasburgo i leghisti siedono insieme a Marine Le Pen, i Conservatori e riformisti (Ecr) fra gli scranni con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. In Italia, di contro, il Carroccio (ma anche una Meloni sempre più morbida) sta pari e patta con Pd, Grillini, F.I., Italia Viva e la sinistra. Alla faccia del caciocavallo.
Così il leader della Lega incontra il premier ungherese Viktor Orbàn e il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, tappa numero uno di un percorso che dovrebbe portare alla nascita di un’alternativa alla sinistra in Europa, per creare una forza comune che difenda i confini. In sostanza la Lega sta con la destra (anche estrema come quella di Orbàn e Morawiecki) e la sinistra indifferentemente.
In questo modo il valore dell’identità diventa uno slogan da venditore di dentifrici a secondo del luogo e delle persone con cui ci si trova. Questo accade da quando i partiti hanno preferito affrontare le campagne elettorali affidandosi spesso al marketing, che consigliava di scegliere i temi da proporre non dal ventaglio dei princìpi fondativi, ma in base alla loro capacità di attrarre l’attenzione del pubblico alla spicciolata. Tanto che alcuni vecchi refrain sono divenuti specchietti per le allodole.
Tuttavia i partiti rimangono essenziali per la ricostruzione di un sano rapporto tra cittadini e democrazia. Soprattutto per evitare i rischi della tecnocrazia o del populismo, ma ci vorrebbe più coerenza e meno spirito d’avventura. Comunque Conte riappare pubblicamente affermando di avere accettato la sfida di “rifondare il M5S”, dopo molte sollecitazioni.
Esordisce così l’ex premier all’assemblea dei parlamentari pentastellati ed è la prima volta da quando si è dimesso da presidente del Consiglio che parla ufficialmente da leader. In collegamento anche il cofondatore del Movimento e garante, Beppe Grillo. Però non vuole un restyling ma una rigenerazione del Movimento, pertanto l’obiettivo non è lanciare un nuovo marketing politico, ma operare una rivitalizzazione che punti a non rinnegare il passato. E annuncia: “Proporrò una carta dei principi e dei valori, così chi vorrà aderire non avrà dubbi sul progetto politico”.
In sostanza il nuovo Movimento dovrà essere “accogliente ma intransigente”. Intransigente perché “l’inclusione non dovrà mai portarci a negoziare principi e scolorire i valori” e per fare ciò sono necessarie regole rigorose che contrasteranno la formazione di correnti interne che finiscono per cristallizzare sfere di influenza.
Conte chiarisce anche che bisogna liberarsi di alcuni equivoci. Per esempio “la regola dell’uno vale uno” è fondamento della democrazia, ma quando si tratta di indicare il rappresentante del popolo, in una posizione di rilievo pubblico, istituzionale e di responsabilità, occorrono persone oneste ma anche con competenze specifiche e capaci.
Viene sottolineato anche che “la democrazia diretta, in forma digitale, è la novità più rivoluzionaria” che il M5S ha introdotto e va promossa e perseguita, ha spiegato Conte, rimarcando: “le nostre scelte fondamentali continueranno a passare attraverso l’espressione di voto sulla piattaforma digitale”.
Nessun accenno a “Rousseau”, ovviamente. Ma vanno fatte due considerazioni: la democrazia rappresentativa per quanto in crisi non appare eliminabile, anzi andrebbe rafforzata e migliorata, così come quella digitale.
Quest’ultima è frutto, infatti, di una tecnologia, che però non è neutra. Bisogna dirlo chiaramente. Chi gestisce i processi e le modalità con cui vengono trattati i dati rappresentano operazioni sensibili e delicate che richiedono massima trasparenza e chiarezza.
Sarà proposto, comunque, un nuovo statuto con un assetto interno, una ripartizione di compiti e ruoli inequivocabili. Più precisamente una struttura che aiuti a definire la linea politica e l’incisività dell’azione programmatica, ha spiegato ancora Conte ai Pentastellati.
Nel frattempo Letta ha detto di “scommettere” nella evoluzione dei 5s, anche perché il cammino di avvicinamento, ha sottolineato il segretario Pd, “è iniziato già con il governo Conte 2”. Inoltre la compatibilità di Pd e M5S è maggiore di quella tra Lega e FdI, visto che entrambi sostengono Draghi. Dunque addio opposizione, come volevasi dimostrare.
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